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Pettenelle e cantinelle a Cividale fra Medioevo e Rinascimento TABULÆ PICTÆ a cura di Maurizio d’Arcano Grattoni SilvanaEditoriale Pettenelle e cantinelle a Cividale fra Medioevo e Rinascimento TABULÆ PICTÆ Cividale del Friuli (UD) Museo di Palazzo de Nordis 13 luglio - 29 settembre 2013 In copertina Testa maschile, pettenella, quarto decennio del XVI secolo. Cividale del Friuli (UD), Museo di palazzo de Nordis Mostra promossa e organizzata da Accademia Musicale-Culturale Harmonia di Cividale del Friuli Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici del Friuli Venezia Giulia Soprintendenza per i Beni Storici, Artistici ed Etnoantropologici del Friuli Venezia Giulia UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI UDINE DIPARTIMENTO DI STORIA E TUTELA DEI BENI CULTURALI Silvana Editoriale Progetto e realizzazione Arti Grafiche Amilcare Pizzi S.p.A. Direzione editoriale Dario Cimorelli Art director Giacomo Merli Con il sostegno e il patrocinio di Mostra e catalogo a cura di Maurizio d’Arcano Grattoni Comitato scientifico Luca Caburlotto, Maria Grazia Cadore, Paolo Casadio, Maurizio d’Arcano Grattoni, Caterina Furlan, Valentino Pace Comitato organizzativo Elisabetta Crucil, Maurizio d’Arcano Grattoni, Francesco Fratta, Paola Gasparutti, Simone Rossi, Giuseppe Russo, Daniele Stringher Testi di Elisabetta Arrighetti, Nicola Badan, Enrico Bonessa, Sara Bianchin, Maurizio d’Arcano Grattoni, Lorenzo Di Lenardo, Monica Favaro, Francesco Fratta, Arianna Gambirasi, Erica Martin, Mario Marubbi, Elisa Morandini, Paolo Pastres, Giuseppina Perusini, Alessandra Quendolo, Gianfranco Santini, Elisabetta Scarton, Cristina Vescul, Alba Zanini, Paolo Zerbinatti Allestimento Redazione Lara Mikula, Sergio Di Stefano Fotoriproduzioni Juliagraf Impaginazione Annamaria Ardizzi Coordinamento organizzativo Michela Bramati Assicurazione Con il patrocinio di Segreteria di redazione Emma Altomare Ufficio iconografico Alessandra Olivari, Silvia Sala Ufficio stampa Lidia Masolini - press@silvanaeditoriale.it Nessuna parte di questo libro può essere riprodotta o trasmessa in qualsiasi forma o con qualsiasi mezzo elettronico, meccanico o altro senza l’autorizzazione scritta dei proprietari dei diritti e dell’editore. © 2013 Silvana Editoriale S.p.A. Cinisello Balsamo, Milano Con il contributo di Ringraziamenti Lidia Azzolini, Stefano Balloch, Annamaria Belli, Daniela Bernardi, Antonio Bravo, Carlo Cantoni, Paolo Casadio, Oldino Cernoia, Romano Cressa, Claudio Crosera, Mirco Cusin, Lionello D’Agostini, Ugo De Mattia, Franca Deponte, Denise Flaim, Pietro Fontanini, Roberto Forgiarini, Claudia Franceschino, Elisabetta Gottardo, Morena Maresia, Giangiacomo Martines, Mario Marubbi, Susanna Massera, Fabio Pagano, Pietro Picotti, Simone Rossi, Gianfranco Santini, Daniele Stringher, Francesca Tamburlini, Pierino Tolazzi, Diego Vailati Con la partecipazione di Sommario 15 Introduzione 58 M AU R I Z I O D ’ A R C A N O G R AT T O N I V. La cultura a Cividale fra basso Medioevo e primo Rinascimento ELISA MORANDINI CIVIDALE FRA XIV E XVI SECOLO 18 64 I. Il Medioevo, l’età dell’oro di Cividale PETTENELLE E CANTINELLE 95 VI. L’arte della stampa in Friuli nel Quattrocento: un primato cividalese LORENZO DI LENARDO ELISABETTA SCARTON 68 24 II. Società e ricchezza nella Cividale del basso Medioevo VII. Itinerario tra le maggiori testimonianze artistiche del Trecento e della prima metà del Quattrocento ELISABETTA SCARTON CRISTINA VESCUL X. Soffitti lignei dipinti in Friuli tra basso Medioevo e primo Rinascimento F R A N C E S C O F R AT TA 108 161 XVI. «Di rosso alla fascia d’argento». L’araldica cividalese quale fonte documentaria ENRICO BONESSA 168 XI. Appunti sulla fortuna delle tavolette da soffitto in Lombardia XVII. Dalla gonnella alla giornea: i costumi nelle pettenelle di Cividale tra Gotico e Rinascimento ERICA MARTIN MARIO MARUBBI 175 114 XII. Materiali e tecniche esecutive delle pettenelle friulane XVIII. La rappresentazione delle armi nelle pettenelle tra XV e XVI secolo F R A N C E S C O F R AT TA G I U S E P P I N A P E R U S I N I , M O N I C A F AVA R O 37 III. Lo sviluppo urbano: le mura dei borghi. Conoscere per conservare 77 VIII. Arte a Cividale tra il 1450 e il 1550 PAO L O PA S T R E S 182 122 ALESSANDRA QUENDOLO, NICOLA BADAN 88 48 XIII. Indagini microchimiche e spettroscopiche per la caratterizzazione dei materiali pittorici utilizzati in alcune pettenelle friulane XIX. Strumenti musicali in pettenelle del Friuli tardogotico PAO L O Z E R B I NAT T I IV. «Sia la chasa spechio del spirito»: abitare in Cividale fra Medioevo e Rinascimento IX. «Tre luganigi per chantar»: luoghi e occasioni per far musica a Cividale nel Quattrocento SARA BIANCHIN, ARIANNA GAMBIRASI, XX. Le pettenelle parlano: ricordi di un collezionista M AU R I Z I O D ’ A R C A N O G R AT T O N I ALBA ZANINI M O N I C A F AVA R O GIANFRANCO SANTINI 129 136 XIV. Tecniche esecutive di tavolette lignee da soffitto quattrocentesche lombarde: alcuni casi tra Bresciano e Cremonese 191 APPARATI ELISABETTA ARRIGHETTI 196 XV. Soffitti lignei dipinti a Cividale del Friuli 202 F R A N C E S C O F R AT TA 204 Appendice I: Camerari e acquirenti dei dazi a Cividale Appendice II: La professione dei camerari e dei daziari cividalesi tra Tre e Quattrocento Bibliografia I. Il Medioevo, l’età dell’oro di Cividale ELISABETTA SCARTON La storia di Cividale affonda le radici in un passato molto lontano e di questo erano consapevoli anche i suoi abitanti, in particolare quelli vissuti nel basso Medioevo, che difesero la loro ‘terra’ non solo sul piano militare, ma anche su quello culturale, attenti alla dignità che essa si era conquistata in secoli di vita. Principali duellanti della singolar tenzone furono Cividale e Udine. Cos’era Udine agli occhi di un cividalese del Quattrocento, se non una ‘neonata’ irriverente? Quel centro che ora si contendeva il favore del patriarca era citato la prima volta in documenti del X secolo e per lungo tempo il toponimo aveva identificato un castello e un borgo di case arroccate su un colle sparuto in mezzo a una piana acquitrinosa1. Udine non aveva un passato glorioso da rivendicare, né romano né longobardo, eppure, da Bertoldo di Andechs in poi, i patriarchi avevano cominciato a prediligerla, a risiedervi con sempre maggior frequenza e continuità, mettendo in ombra le ‘terre’ circostanti2. Al tramonto del Medioevo le schermaglie e le rivendicazioni su un ideale diritto di precedenza duravano ormai da un paio di secoli e si protrassero anche in seguito. Lo stesso De restitutione patriae, scritto dal cividalese Nicolò Canussio tra 1497 e 1499, altro non era che una forte presa di posizione per ricordare le origini della sua città e sottolinearne la preminenza tra le ‘terre’ patriarcali. «Restituenda igitur patria est, vel quantum historica veritas patitur», annunciava solenne nella chiusa del primo capitolo3. Per la sua ottima posizione – su un pianoro rialzato in prossimità del Natisone, che ne garantiva al contempo l’approvigionamento idrico e la difesa – l’area su cui oggi sorge Cividale fu scelta come insediamento sin dal Paleolitico medio. Più tardi divenne centro importante di quella rete di comunicazioni tra le regioni transalpine e l’area altoadriatica, mentre in età romana 18 il territorio fu oggetto di interventi tesi a rinsaldare le funzioni di controllo del baluardo naturale costituito dall’arco alpino orientale e difendere la colonia di Aquileia. Alla fondazione del forum, «un insediamento di cittadini romani di piccole dimensioni» da collocare in età cesariana, seguì a breve l’istituzione del municipium, come ente autonomo, indipendente da Aquileia4. Se i pregevoli lacerti musivi conservati presso il Museo Archeologico Nazionale ci parlano di un insediamento cittadino dalla fine del I secolo a.C., la doppia cinta muraria rinforzata da torri – innalzata sempre in età romana e in parte ancor oggi visibile – testimonia la preoccupazione difensiva che Forum Iulii dovette avvertire nei confronti delle popolazioni germaniche, sempre più pressanti ai confini dell’impero. Tra tutte, quella che a Cividale ha lasciato le tracce maggiori è stata senza dubbio la dominazione longobarda. Guidato da re Alboino, pare che nel 568 quel popolo avesse varcato i confini della Venetia senza incontrare opposizione, insediandosi nelle terre circostanti il castrum di Cividale, posto subito sotto il controllo di Gisulfo. Come ha recentemente osservato Stefano Gasparri, se da un lato l’Historia Langobardorum del friulano Paolo Diacono rappresenta una straordinaria fonte scritta per conoscere queste vicende, dall’altro essa è singolarmente silenziosa proprio per quel che concerne Cividale. Ciò che si evince è comunque un ruolo centrale di Forum Iulii: in mano a un’élite militare scelta, il primo ducato longobardo era assurto a centro principale della regione, surclassando Aquileia. I secoli VII e VIII scivolarono tra successioni più o meno tormentate, faide interne e guerre difensive (memorabile ad esempio quella contro gli Avari nel 610), mentre la società andava trasformandosi. Oltre a mettere in risalto l’impronta cittadina assunta nel tempo dall’antica Forum Iulii, le sue necropoli mostrano infatti come, trascorso un certo lasso di tempo, gli invasori longobardi non si distinguessero più così nettamente dagli indigeni5. Il processo longobardo di romanizzazione si può considerare completo quando Cividale assunse la sostanza, se non il titolo, di civitas. Priva di una sede episcopale, essa non era una vera città, secondo i canoni medievali. Ecco allora l’idea dei duchi friulani di spostare la cattedra vescovile di Zuglio, favoriti in ciò dal fatto che alcuni vescovi di quella piccola sede tra le montagne della Carnia (Fidenzio e Amatore) avevano da tempo scelto di risiedere a Cividale. Cosa rappresentasse ormai il centro sul Natisone, benché privo di una legittimazione ufficiale, lo si capisce guardando alla reazione del patriarca Callisto. Per il presule, che in quel periodo aveva abbandonato Aquileia e viveva a Cormons, era insopportabile pensare di dover abitare in una sede periferica mentre un altro vescovo era insediato nella capitale ducale. Quella longobarda era un’élite militare, ma si sentiva anche un’élite urbana e per diventarlo a tutti gli effetti non esitava a ricorrere alla chiesa6. E proprio la chiesa – qui come nel resto d’Italia – fu il fulcro intorno a cui si strinse la società nel periodo successivo, durante l’età carolingia e ancor più in seguito. I patriarchi aquileiesi assunsero il potere temporale nella regione dal 1077, quando l’imperatore Enrico IV cedette al presule Sigeardo il controllo sul Friuli, sulla marca di Carniola e sull’Istria7. La ‘sala comandi’ era nella residenza patriarcale, attestata a Cividale già nel 1091 e destinata a trasformarsi presto in un palatium8. L’immagine che trapela dalle fonti scritte – alcune decine di pergamene – evoca un ambiente simile a quello di una corte regia, col patriarca-signore del Friuli circondato da uno stuolo di nobili che si spostano con lui quando passa da una ‘terra’ all’altra (Aquileia, Cividale, Gemona...). Fino all’inizio del XII secolo si tratta di aristocrazie di chiara origine carinziana, lentamente sostituite da stirpi locali o che comunque lo diventano, assumendo il nome a partire dalle roccaforti della zona, di cui i membri erano di volta in volta infeudati: Cucagna, Attimis, Partistagno, tanto per fare alcuni esempi. A Cividale, accanto a quest’aristocrazia ‘di castello’, una di natura più spiccatamente cittadina cominciò a farsi largo nel XII secolo. Pur rimanendo sfuggenti, figure come quella dei milites Bernardo da Cerclaria o Swicherio ci parlano di un vivace protagonismo. Entrambi titolari di ampie curtis entro le mura urbiche, seppero guardare anche al di fuori della loro ‘terra’, molto al di fuori. Alla fine del XII secolo da Cerclaria era patrono di una nave di dimensioni notevoli, forse destinata al trasporto dei crociati in Oriente. E la Terrasanta, dalla quale non tornò, era sicuramente la meta di Swicherio nel 1213, non è chiaro se come semplice pellegrino o come ambasciatore patriarcale, o forse entrambe le cose9. Le loro famiglie e le rispettive discendenze – come altre che via via consolidarono la presenza entro le mura e nel territorio circostante – parteciparono in modo attivo alla vita politica, religiosa e sociale. I documenti ci mostrano questi personaggi non solo nel ruolo di milites della corte patriarcale, intenti a cavalcare (anche in armi) al seguito del patriarca, ma ancora nelle vesti di canonici del capitolo, di frati francescani (dal 1244) e domenicani (dal 1252), o di badesse e monache per quel che concerne l’universo femminile10. Come ha sottolineato Andrea Tilatti, tra i frati di entrambi gli ordini mendicanti alcuni appartenevano «a famiglie dell’aristocrazia libera e ministeriale del patriarca, oltre che alla “classe media cittadina” […] e impersonavano i robusti legami intercorrenti tra l’ordine e i ceti dirigenti locali»11. Tanto i religiosi domenicani quanto i francescani ebbero un ruolo importantissimo di mediazione civile: ne è 19 un esempio la composizione di uno scontro cittadino avvenuto nel 1308 e ricordato da un cronista locale. In un pomeriggio di metà maggio Cividale era stata messa a ferro e fuoco da un gruppo di facinorosi guidati dalla famiglia castellana degli Zuccola, penetrati in città col favore dei Boiani per prenderne il controllo. Contro di loro avevano risposto i de Portis con alcuni aderenti e, secondo il canonico Giuliano da Cividale, a riportare l’ordine era stato l’intervento dei frati predicatori12. Anteriormente alla metà del Duecento le fonti documentarie cividalesi e quel che abbiamo scritto fino a qui ci rimandano una visione deformata della realtà urbana: pare che tutta la vita ruotasse intorno alle istituzioni ecclesiastiche. Indubbiamente il loro peso fu notevole e, come abbiamo già detto, fu proprio intorno alla chiesa che molti centri si coagularono nei momenti difficili e durante i vuoti istituzionali. Ma si tratta appunto di una stortura. Complice proprio quel passato storico che la rendeva la prima sede patriarcale – dopo che i presuli avevano da tempo abbandonato Aquileia –, Cividale fu probabilmente la prima ‘terra’ friulana in cui prese forma quel regime politico che va sotto il nome di Comune. A tutt’oggi la prima attestazione risale al gennaio del 1250, ma doveva trattarsi di un organo ormai maturo, benché stretto tra altri poteri che ne limitavano l’autonomia13. Fin dal suo sorgere, esso aveva infatti condiviso la scena con i due maggiori ufficiali patriarcali operativi in città: l’avvocato e il gastaldo. Secondo Vincenzo Joppi il primo era quello di più antica istituzione, detentore della giurisdizione commerciale sul circulo fori e citato almeno dal 1102. A Cividale la concessione del mercato permanente fu tra l’altro la prima del patriarcato, risalente agli anni del presule Pellegrino I (1132-1161)14. Il gastaldo – l’altra carica annuale concessa dal patriarca dietro pagamento di una quota in denaro – si occupava invece della giustizia minore, oltre che di presiedere il consiglio cittadino15. Nei secoli finali del Medioevo era quest’ultimo il vero cuore pulsante della ‘terra’. Il consiglio era composto in linea di massima da una quarantina di persone di diversa estrazione sociale: accanto alla componente aristocratica (riconoscibile dal titolo di miles anteposto al nome), c’era un notabilato cittadino che con qualche libertà possiamo definire ‘alto-borghese’ (tra le cui fila risultano medici, notai, 20 commercianti) e infine una piccola rappresentanza di artigiani16. La maggior parte era residente a Cividale, ma non tutti vi erano nati. L’antica Forum Iulii, che frattanto aveva cambiato il nome in Civitas Austriae, nel corso del XIII secolo era stata meta di una migrazione importante. Qui, come un po’ in tutto il patriarcato, le comunità ‘straniere’ maggiori erano state quella toscana (prima i Senesi, poi i Fiorentini) e quella lombarda, ma dalle pagine dei libri degli anniversari cividalesi fanno capolino anche altre componenti giunte dall’area padana in generale, dai paesi d’oltralpe (i vari ‘teotonici’ e pure qualche ‘ongaro’), o ancora dal ‘confine’ orientale (Carniola, Istria, Croazia)17. Il suono di una campana nella domus comunis annunciava le sedute, convocate nella sala consiliare al momento del bisogno, spesso quotidianamente e in qualche caso anche più di una volta al giorno. Gli argomenti, discussi e verbalizzati dal cancelliere, toccavano le più svariate materie, dalle questioni politiche (relazioni diplomatiche, promulgazioni di nuove rubriche statutarie, decisioni di ordine militare e difensivo, bandi) a quelle fiscali (imposizioni, multe, confische e uso del denaro); dalle giuridiche (tregue e composizione di conflitti di livello minore) a quelle socio-assistenziali (aiuto ai poveri, elemosine)18. Nel corso del tempo il Comune si era ricavato margini di autonomia sempre maggiori. Saldamente in mano a un’oligarchia cittadina ristretta e ben delineata, il cui avvicendamento semestrale era pressoché fittizio, nel pieno Trecento il consiglio cividalese si spinse oltre, troppo oltre. L’inasprirsi del confronto con Udine – dove i presuli risiedevano ormai con sempre maggior continuità – favorito anche dalla presenza sul soglio patriarcale di un personaggio energico come Bertrando di Saint Geniès, innescò una spirale di conflitti che dalla metà del XIV secolo vide le due città quasi sempre in contrasto. Basta scorrere anche superficialmente la Storia del Friuli compilata da Paschini per rendersene conto: se c’era da scegliere come schierarsi, Cividale mosse quasi sempre in direzione opposta rispetto a Udine. Spesso il risentimento contro Udine e contro il patriarca che la favoriva diventavano un tutt’uno. Se Cividale rifiutava lo stravolgimento gerarchico delle ‘terre’ conseguente l’affermazione udinese e continuava a sentirsi forte in quanto «luogo liturgico del potere temporale dei patriarchi»19, gli stessi presuli erano consapevoli della pericolosità di perdere il controllo su quella comunità e sul suo territorio di pertinenza. Nel basso Medioevo Udine sarà anche stata la cittadina più popolosa, ma fuori delle mura la sua influenza si estendeva su nove villaggi, piccola cosa se confrontata con la giurisdizione che Cividale deteneva su oltre sessanta20. Come accennato, durante il patriarcato di Bertrando la rivalità conobbe probabilmente le punte più elevate, fino a concludersi con il noto assassinio del presule nell’estate del 135021. Il tragico evento segnò una temporanea tregua a un drammatico periodo, scandito da scomuniche, interdetti e agguati tra i due fronti contrapposti: da un lato Udine e la famiglia Savorgnan, eletti a paladini del patriarca; dall’altro Cividale, che poteva contare sull’alleanza col conte di Gorizia e con alcune famiglie castellane. Il successore di Bertrando avviò una violenta opera di repressione. Nicolò di Lussemburgo prese subito posizione nei confronti della nobiltà castellana per controllarne le spinte centrifughe e lo fece nel modo più brutale: catture e condanne a morte dovevano servire da monito per il futuro. La più esemplare fu senz’altro quella di Federico de Portis. Secondo Pio Paschini, tre anni dopo l’uccisione di Bertrando il cividalese «confessò spontaneamente di aver percosso di propria mano con due colpi il patriarca»22 e per questa ammissione pagò con la vita. Trascinato a Udine, fu squartato e, con un macabro rituale, esposto in quattro diverse porte cittadine23. Nel parlamento del giugno del 1353 Nicolò di Lussemburgo dichiarava che tutti i responsabili dell’assassinio del suo predecessore erano stati puniti24, ma il seme della discordia interna al patriarcato era ormai ben radicato. Diverbi e animosità tra le due maggiori comunità a vocazione urbana furono una costante nell’età bassomedievale, con momenti di calma apparente seguiti da periodi di conflitto più o meno marcato. Un’altra fase critica si ebbe durante il patriarcato di Filippo d’Alençon (1381-1387). In quest’occasione il presule godeva del favore dei cividalesi, mentre era stato ostacolato fin da subito da Udine, che avrebbe preferito che la scelta papale cadesse su Ludovico di Helfingstain. L’appoggio al patriarca – negato da una parte e sbandierato dall’altra – fu ancora una volta motivo di rottura tra Cividale e Udine, una guerra che si acuì tra il 1382 e il 1384; che nel 1385 vide la comunità sul Natisone Pellegrino da San Daniele, polittico dei Battuti, 1526-1528, parte centrale: Madonna con Bambino tra le quattro Vergini aquileiesi, san Giovanni Battista, san Donato e un angelo musicante, particolare con la Cividale. Cividale del Friuli (UD), Museo di Palazzo de Nordis I.1 rifiutare l’adesione alla ‘lega friulana’ promossa da Venezia per contrastare le mire sul Friuli di Francesco da Carrara, e i cui toni si smorzarono solo nel 1387, dopo che d’Alençon ebbe rinunciato al patriarcato25. La situazione si ripresentò puntuale vent’anni più tardi, e stavolta fu Cividale a non voler riconoscere come capo spirituale della Patria il neoeletto Antonio da Ponte. Tra l’estate e l’autunno del 1410 Cividale e Udine aprirono nuovamente le rivalità in margine a un conflitto più ampio, che vedeva contrapposti due schieramenti, uno facente capo al patriarca, l’altro al conte Federico di Ortemburg26. Ma Cividale manifestò al meglio la propria autonomia decisionale quando – prima tra le ‘terre’ friulane – nel 1419 fece atto di dedizione alla Serenissima. Nell’aprile del 1418, allo scadere della tregua quinquennale stipulata tra Venezia e l’imperatore Sigismondo, la lotta per il controllo del Friuli tornò a infuriare; nel mirino della Serenissima i primi obiettivi erano proprio Cividale e Cormons27. Nicolò de Portis, inviato come ambasciatore patriarcale a Venezia, al suo rientro espose al consiglio cittadino la drammatica situazione che si andava profilando: «Dixerat eidem quod dominium Veneciarum habebat malum animum contra hanc comunitatem, et quod certe intendit habere hanc terram et Cormonum, quibus locis habitis, non dubitat ducale dominium quin possit habere residuum Foroiulii»28. La risposta immediata fu il rinforzo delle difese 21 della ‘terra’, di cui rimangono tracce nelle delibere: il 6 maggio si dispose l’imposizione di una tassa (colta) straordinaria e si deliberò di assoldare per un mese Cristoforo Prater con i suoi uomini d’arme e venticinque cavalli; il 29 giugno si ordinò di precettare gli uomini necessari per garantire la sorveglianza continua della terra e dei borghi. Il 4 luglio un consiglio allargato («quasi rengo») deliberò: Super facto et modo aptandi miliciam et pedoniam; Super facto et modo ponendi coltam pro reperiendo pecunias, qui sunt necessarie pro solvendo stipendiariis; Super facto et modo aptandi decenas (le decene erano i gruppi che componevano la milizia); Super custodia facienda tam in die quam in nocte; Super factus Prater conductus et stipendiarii nostri cum sua comitiva; Super modo reperiendi pecunias pro murando burgos et fortificando terram29. La seconda tassa imposta in pochi mesi e l’incalzare dei primi provvedimenti ci danno il polso di una situazione che si faceva ogni giorno più critica, nonostante la diplomazia stesse lavorando in parallelo per intessere con Venezia accordi di pace, puntualmente respinti30. Un anno dopo Cividale si dichiarava allo stremo. Certamente non era la sola, ma dopo che i suoi ultimi appelli nelle sedute del parlamento caddero nel vuoto, il 15 maggio 1419 un arengo composto da centossessanta membri (quaranta per ciascun quartiere) deliberò all’unanimità che si trattasse la pace con Venezia in separata sede. I provveditori ser Zenone de Portis e ser Cristoforo di Ottobono, il miles Corrado Boiani, ser Nicolò de Portis, ser Adamo Formentini, ser Bartolomeo Savorgnan, ser Virgilio Virgili, ser Zano di Blasutto del Ferro e ser Alessio notaio di Giacomo da Attimis ebbero pieno mandato di rappresentare la comunità, attenti a che essa conservasse alcuni privilegi («antiquas libertates et franchisias»), ma soprattutto l’obbedienza alla chiesa di Aquileia. È interessante notare come sul piano diplomatico la piccola comunità sul Natisone per due mesi sia riuscita a tener testa a Venezia, che avrebbe voluto che i cividalesi giurassero di essere «amici amicorum et inimici inimicorum suorum». Nelle disposizioni finali date ai propri rappresentanti a Venezia – Nicolò de Portis, Simone di 22 Giovanniantonio e il notaio ser Alessio di Giacomo da Attimis – spicca la volontà di Cividale di trattare fino in fondo, ma anche di essere pronta a sacrificare Udine (e il patriarca) prima di qualsiasi altra ‘terra’ friulana. L’ultima nota recita: «Et si hoc non poterit optineri, tunc enim contra pathriarcam et Utinenses, non contra alios, iuxta posse nostrum»31. La pace siglata tra l’11 e il 13 luglio per il patriarca e per Udine fu come una pugnalata alle spalle. Per Cividale invece la minaccia non era affatto conclusa: di lì a poco un esercito di Ungari mandati dall’imperatore a sostegno del presule32 l’avrebbe cinta d’assedio e costretta a una strenua difesa: «Contra di noi fo tutto lo sforzo del contado di Gorizia, e quelli de Udene fecerin tutto lo so sforzo contra de noi, cum bombarde et multitudine de scale et mantheletti e tutti cridavano “A Cividal, a Cividal, a sacomano”»33. Fu solo la resa di Udine, nel giugno del 1420, a decretare la sottomissione definitiva del Friuli alla repubblica di San Marco34, ma non la fine delle rivalità tra le ‘terre’ patriarcali. Esse negoziarono tutte separatamente con Venezia la propria autonomia normativa e giurisdizionale e si mostrarono ancora e sempre contrarie a cedere la rappresentanza dei propri interessi a Udine, la quale, dal canto suo, «mirava a proporsi quale leader e portavoce delle forze rappresentate dalle comunità»35. Una nota di colore: dopo la firma degli accordi di pace, uno dei modi per ufficializzare la sottomissione a Venezia era apporre le insegne della Serenissima nelle sedi civiche, affiancandole a quelle comunali. Cividale attese la seconda metà del 1422, quando il camerario registrò le spese per «far far l’armadura in plaza, per depenzer San Marco», commissionata a maestro Antonio pittore per quattro ducati36. Udine fu più ligia: quindici giorni dopo l’approvazione dei patti con Venezia un san Marco campeggiava già nella sala consiliare e le armi della Serenissima ornavano la cancelleria, opera di Antonio di Tomasino Baietto. Nei mesi successivi le stesse insegne cominciarono a spuntare ovunque, dal palio, alle vesti dei rappresentanti del Comune37. Il 1419-1420 in Friuli segnò l’epilogo di un’età gloriosa; il patriarca avrebbe tentato invano di tornare nella Patria e riprendere il controllo della regione. Per parte sua, nonostante la forte vocazione urbana e un passato da protagonista, Cividale era e rimaneva una ‘terra’. Fu uno smacco quando, da Roberto Morosini in poi, tutti i luogotenenti veneziani scelsero il castello di Udine come loro residenza e quindi come nuovo centro politico della regione. Il sogno di essere una città a tutti gli effetti, titolare di quella cattedra vescovile che le era sempre mancata, si infranse invece alcuni decenni più tardi, nel 1465, quando il pontefice rifiutò di creare dalle ceneri del patriarcato i vescovadi indipendenti di Udine e Cividale38. L’età di mezzo fu comunque il periodo d’oro di Cividale: all’alba del Medioevo Forum Iulii aveva strappato ad Aquileia la palma di ‘capitale’; nell’autunno del Medioevo l’indomita Civitas Austriae cedeva quel primato alla sua nemica, Udine. 1 ZACCHIGNA 1999b, p. 302, sottolinea l’emergere tardivo di Udine e le due argomentazioni classiche della storiografia locale, tese a interpretare lo sviluppo successivo: il ruolo politico-militare della famiglia Savorgnan e quello finanziario dei prestatori toscani. 2 PASCHINI 1990, p. 364. 3 L’opera di Canussio era nata in risposta a una breve storia della regione compilata dall’umanista Marcantonio Sabellico nel 1482, un testo che, per nobilitare Udine, metteva in dubbio le origini romane di Cividale facendo leva sull’ambiguità dei toponimi Iulium Carnicum (oggi Zuglio) e Forum Iulii (oggi Cividale): CANUSSIO 2000, pp. 19-20, 40-41. 4 Cfr. MAGNANI 2012, con la bibliografia ivi citata; a p. 43 per la citazione. 5 GASPARRI 2012, pp. 62-69, con la relativa bibliografia. Sull’impossibilità di distinguere i ‘Longobardi puri’ dai ‘Romani puri’ attraverso gli scheletri si veda anche BARBIERA 2012, p. 220. 6 GASPARRI 2012, pp. 73-74. 7 PASCHINI 1990, pp. 234-235; CAMMAROSANO 1988, p. 88. 8 SCARTON 2012a, pp. 77-78. 9 Cfr. SCARTON 2012a, pp. 82-85, 99-101. Sull’impresa armatoriale di Bernardo da Cerclaria si veda LEICHT 1907. Per la figura di Swicherio, della famiglia da Pertica, forse un avo dei Boiani, si veda anche FIGLIUOLO 2010 e FIGLIUOLO 2012b, p. 210. 10 Per tutti la fonte più completa sono i libri degli anniversari del capitolo e dei due conventi, editi da SCALON 2008. 11 TILATTI 1994 sottolinea inoltre come, nonostante ripetuti richiami, a Cividale in particolare i domenicani si intromettessero frequentemente nelle vicende temporali del patriarcato (p. 27); per la citazione cfr. p. 19. 12 Dopo aver descritto assai minuziosamente l’andamento dello scontro, il cronista concluse: «Fratres predicatores composuerunt inter partes, facientes trewas ad hoc ut recederent»: TAMBARA 1905-1906, p. 40. Sull’episodio si veda anche PASCHINI 1990, pp. 427-428. 13 SCARTON 2012a, p. 108; SCARTON 2012b, p. 314. 14 JOPPI 1892, p. 6. Della concessione del mercato rimane il diploma di conferma concesso nel 1176 dal patriarca successivo, Ulrico II: SCARTON 2012a, p. 103; SCARTON 2012b, pp. 313-314; LEICHT 1937, p. 13; per lo Statuto dell’Avvocato si veda LEICHT 1914. 15 Una serie dei gastaldi medievali dal 1125 (l’istituto fu soppresso nel 1797) fu ricostruita da GRION 1899, pp. 92-98, e da LEICHT 1898, pp. 83-86. Sul ruolo del gastaldo si veda la rubrica 87 dello statuto trecentesco: BENATTI 2005. 16 La chiusura oligarchica, consolidata attraverso metodi di elezione poco chiari, crebbe nel corso del Trecento fino a sfociare nel 1404 in una vera e propria rivolta popolare, un episodio sul quale già Michele Zacchigna suggeriva di ampliare l’indagine: ZACCHIGNA 1999a, pp. 87-88. 17 Sui Toscani in Friuli cfr. FIGLIUOLO, PINTO 2010; il loro arrivo a Cividale è indagato in FIGLIUOLO 2012a. Sui Lombardi cfr. DAVIDE 2008; sulle altre componenti si veda SCALON 2008, in particolare vol. I, pp. 108-117. 18 A livello assistenziale è interessante notare come i nomi di molti dei consiglieri del Comune si ritrovino anche negli elenchi degli iscritti alle confraternite e tra gli ufficiali dei due ospedali principali: San Martino (controllato dalla fradaglia dei Battuti) e Santo Spirito (SCARTON 2011; SCARTON 2012c). ZACCHIGNA 1999b, p. 303. LEICHT 1955, p. XX. 21 Sulla figura del presule cfr. la biografia di BRUNETTIN 2004, con l’ampia bibliografia citata. Sulla composizione del consiglio del comune di Cividale in età trecentesca cfr. SCARTON 2012b. Sullo scontro tra Cividale e il patriarca cfr. PASCHINI 1990, pp. 482-489 e GRION 1899, pp. 55-61. 22 PASCHINI 1990, p. 503. 23 GRION 1899, p. 63. 24 LEICHT 1925, pp. 161-162; LEICHT 1954, pp. 80-81. 25 PASCHINI 1990, pp. 592-622. 26 Ivi, pp. 708-710. 27 La tregua era stata firmata a Castellutto il 17 aprile 1413: ivi, pp. 720721; per le mire su Cividale si veda p. 733. 28 LEICHT 1925, p. 519. 29 Cfr. il registro di delibere dal maggio 1418: BCC, AMC, G01-01, fasc. 1237, ff. 5v, 11r, 14r-v. Non è possibile verificare nel dettaglio le spese difensive e le tipologie di interventi, perché per il 1418 è pervenuto solo un frammento del registro del camerario del primo semestre, per i mesi da gennaio a marzo. 30 LEICHT 1925, pp. 525-535. 31 BCC, AMC, G01-01, fasc. 1238, ff. 31r-v, 32v-33r, 34v-35r, 46r-v. Cfr. anche GRION 1899, pp. 82-83 e doc. XIV (per i capitoli di pace). 32 Il 6 agosto 1419 il comune aveva pagato 5 ducati d’oro a Janchiglo, famiglio di Adamo Formentini, perché si recasse verso Buda per indagare la notizia secondo cui seimila Ungari erano in marcia (ASU, DSF, III/237, c. 262r); il 10 settembre avvisavano Venezia dell’imminente arrivo di ottomila Ungari (ivi, c. 269r); il 20 settembre Janchiglo era tornato e le dimensioni dell’esercito nemico erano ridimensionate a quattromila (ivi, c. 272r); il 25 settembre furono catturate spie ungare e patriarcali a Cividale e torturate nei giorni successivi (ivi, cc. 273v-274r). 33 GRION 1899, p. 84, che cita da Sturolo. 34 Pare che, per evitare devastazioni e saccheggi, Udine abbia versato alle truppe veneziane trentamila ducati, ma nei registri dei camerari non ne rimane traccia; del resto la resa si colloca proprio tra la fine della cameraria di Federico Savorgnan e prima della nomina del suo successore, Pietro Peressini: GIANESINI 2007, p. 27. 35 DEGRASSI 2009b, p. 170. 36 Le spese sono sparse e riguardano la manodopera e vari materiali (un carro, l’impalcatura, un setaccio, mezza libbra di colore azzuro «oltra marin» e «quatordici peze d’oro fin»): BCC, AMC, G06-04, cameraria 1421-1431, ff. XLVIIIIv-Lv (post 10.XI.1422). Non si sono reperite spese di questo tipo nel periodo precedente, bisogna comunque ricordare che manca il quaderno della cameraria del primo semestre del 1420. 37 GIANESINI 2007, pp. 32, 111 (8.VII.1420). Sempre nella sala del consiglio in ottobre Giovanni Tuzulini aveva dipinto altre nove insegne, tra cui un san Marco (p. 138); lo stesso santo fu raffigurato sulla veste donata a un corriere incaricato di portare lettere al luogotenente nel marzo del 1421 (p. 169) e sul drappo del palio delle balestre di giugno dello stesso anno (p. 149). 38 PASCHINI 1990, p. 757. 19 20 23 Bibliografia Archivi e Biblioteche AACU AACU-C ACAU ACD-H ACU AMC ANA AOC APSC ASU Battuti BCC BCCr BCU DSF FP MANCiv MANCiv-AB S. 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Il Medioevo, l’età dell’oro di Cividale Elisabet t a Scart on a st ampa in: Tabulae pict ae. Pet t enelle e cant inelle a Cividale f ra Medioevo e Rinasciment o, a cura di M. d’ Arcano Grat t oni, Silvana, Milano 2013, pp. 18-23. La st oria di Cividale affonda le radici in un passat o molt o lont ano e di quest o erano consapevoli anche i suoi abit ant i, in part icolare quelli vissut i nel Basso Medioevo, che difesero la loro ‘ t erra’ non solo sul piano milit are, ma anche su quello cult urale, at t ent i alla dignit à che essa si era conquist at a in secoli di vit a. Principali duellant i della singolar t enzone furono Cividale e Udine. Cos’ era Udine agli occhi di un cividalese del Quat t rocent o, se non una ‘ neonat a’ irriverent e? Quel cent ro che ora si cont endeva il favore del pat riarca era cit at o la prima volt a in document i del X secolo e per lungo t empo il t oponimo aveva ident ificat o un cast ello e un borgo di case arroccat e su di un colle sparut o in mezzo a una piana acquit rinosa 1. Udine non aveva un passat o glorioso da rivendicare, né romano né longobardo, eppure, da Bert oldo di Andechs in poi, i pat riarchi avevano cominciat o a prediligerla, a risiedervi con sempre maggior frequenza e cont inuit à, met t endo in ombra le ‘ t erre’ circost ant i 2. Al t ramont o del Medioevo le schermaglie e le rivendicazioni su un ideale dirit t o di precedenza duravano ormai da un paio di secoli e si prot rassero anche in seguit o. Lo st esso De rest it ut ione pat riae, scrit t o dal cividalese Nicolò Canussio t ra 1497 e 1499, alt ro non era che una fort e presa di posizione per ricordare le origini della sua cit t à e sot t olinearne la preminenza t ra le ‘ t erre’ pat riarcali. «Rest it uenda igit ur pat ria est , vel quant um hist orica verit as pat it ur», annunciava solenne nella chiusa del primo capit olo 3. Per la sua ot t ima posizione – su un pianoro rialzat o in prossimit à del Nat isone, che ne garant iva al cont empo l’ approvigionament o idrico e la difesa – l’ area su cui oggi sorge Cividale fu scelt a come insediament o sin dal Paleolit ico medio. Più t ardi divenne cent ro import ant e di quella ret e di comunicazioni t ra le regioni t ransalpine e l’ area alt oadriat ica, ment re in et à romana il t errit orio fu ogget t o di int ervent i t esi a rinsaldare le funzioni di cont rollo del baluardo difensivo nat urale cost it uit o dall’ arco alpino orient ale e difendere la colonia di Aquileia. Alla fondazione del f orum, «un insediament o di cit t adini romani di piccole dimensioni» da collocare in et à cesariana, seguì a breve l’ ist it uzione del municipium, come ent e aut onomo, indipendent e da Aquileia4. Se i pregevoli lacert i musivi conservat i presso il Museo Archeologico Nazionale ci parlano di un insediament o cit t adino dalla fine del I secolo a.C., la doppia cint a muraria rinforzat a da t orri – innalzat a sempre in et à romana e in part e ancor oggi visibile – t est imonia la 1 ZACCHIGNA 1999b, p. 302, sot t olinea l’ emergere t ardivo di Udine e le due argoment azioni classiche della st oriografia locale, t ese a int erpret are lo sviluppo successivo: il ruolo polit ico-milit are della famiglia Savorgnan e quello finanziario dei prest at ori t oscani. 2 PASCHINI 1990, p. 364. 3 L’ opera del Canussio era nat a in rispost a a una breve st oria della regione compilat a dall’ umanist a Marcant onio Sabellico nel 1482, un t est o che, per nobilit are Udine, met t eva in dubbio le origini romane di Cividale facendo leva sull’ ambiguit à dei t oponimi Iulium Carnicum (oggi Zuglio) e Forum Iulii (oggi Cividale): CANUSSIO 2000, pp. 19-20 e 4041. 4 Cfr. MAGNANI 2012, con la relat iva bibliografia; a p. 43 per la cit azione. 1 preoccupazione difensiva che Forum Iulii dovet t e avvert ire nei confront i delle popolazioni germaniche, sempre più pressant i ai confini dell’ impero. Tra t ut t e, quella che a Cividale ha lasciat o le t racce maggiori è st at a senza dubbio la dominazione longobarda. Guidat o da re Alboino, pare che nel 568 quel popolo avesse varcat o i confini della Venet ia senza incont rare opposizione, insediandosi nelle t erre circost ant i il cast rum di Cividale, post o subit o sot t o il cont rollo di Gisulfo. Come ha recent ement e osservat o St efano Gasparri, se da un lat o l’ Hist oria Langobardorum del friulano Paolo Diacono rappresent a una st raordinaria font e scrit t a per conoscere quest e vicende, dall’ alt ro essa è singolarment e silenziosa proprio per quel che concerne Cividale. Ciò che si evince è comunque un ruolo cent rale di Forum Iulii: in mano a un’ élit e milit are scelt a, il primo ducat o longobardo era assurt o a cent ro principale della regione, surclassando Aquileia. I secoli VII e VIII scivolarono t ra successioni più o meno t orment at e, faide int erne e guerre difensive (memorabile ad esempio quella cont ro gli Avari nel 610), ment re la societ à andava t rasformandosi. Olt re a met t ere in risalt o l’ impront a cit t adina assunt a nel t empo dall’ ant ica Forum Iul ii, le sue necropoli most rano infat t i come, t rascorso un cert o lasso di t empo, gli invasori longobardi non si dist inguessero più così net t ament e dagli indigeni 5. Il processo longobardo di romanizzazione si può considerare complet o quando Cividale assunse la sost anza, se non il t it olo, di civit as. Priva di una sede episcopale, essa non era una vera cit t à, secondo i canoni medievali. Ecco allora l’ idea dei duchi friulani di spost are la cat t edra vescovile di Zuglio, favorit i in ciò dal fat t o che alcuni vescovi di quella piccola sede t ra le mont agne della Carnia (Fidenzio e Amat ore) avevano da t empo scelt o di risiedere a Cividale. Cosa rappresent asse ormai il cent ro sul Nat isone, benché privo di una legit t imazione ufficiale, lo si capisce guardando alla reazione del pat riarca Callist o. Per il presule, che in quel periodo aveva abbandonat o Aquileia e viveva a Cormons, era insopport abile pensare di dover abit are in una sede periferica ment re un alt ro vescovo era insediat o nella capit ale ducale. Quella longobarda era un’ élit e milit are, ma si sent iva anche un’ élit e urbana e per divent arlo a t ut t i gli effet t i non esit ava a ricorrere alla Chiesa6. E proprio la Chiesa – qui come nel rest o d’ It alia – fu il fulcro int orno a cui si st rinse la societ à nel periodo successivo, durant e l’ et à carolingia e ancor più in seguit o. I pat riarchi aquileiesi assunsero il pot ere t emporale nella regione dal 1077, quando l’ imperat ore Enrico IV cedet t e al presule Sigeardo il cont rollo sul Friuli, sulla marca di Carniola e sull’ Ist ria7. La ‘ sala comandi’ era nella residenza pat riarcale, at t est at a a Cividale già nel 1091 e dest inat a a t rasformarsi prest o in un palat ium 8. L’ immagine che t rapela dalle font i scrit t e – alcune decine di pergamene – evoca un ambient e simile a quello di una cort e regia, col pat riarca-signore del Friuli circondat o 5 GASPARRI 2012, pp. 62-69, con la relat iva bibliografia. Sull’ impossibilit à di dist inguere i ‘ Longobardi puri’ dai ‘ Romani puri’ at t raverso gli schelet ri v. anche BARBIERA 2012, p. 220. 6 GASPARRI 2012, pp. 73-74. 7 PASCHINI 1990, pp. 234-235; CAMMAROSANO 1988, p. 88. 8 SCARTON 2012a, pp. 77-78. 2 da uno st uolo di nobili che si spost ano con lui quando passa da una ‘ t erra’ all’ alt ra (Aquileia, Cividale, Gemona…). Fino all’ inizio del sec. XII si t rat t a di arist ocrazie di chiara origine carinziana, lent ament e sost it uit e da st irpi locali o che comunque lo divent ano, assumendo il nome a part ire dalle roccafort i della zona, di cui i membri erano di volt a in volt a infeudat i: Cucagna, At t imis, Part ist agno, t ant o per fare alcuni esempi. A Cividale, accant o a quest ’ arist ocrazia ‘ di cast ello’ , una di nat ura più spiccat ament e cit t adina cominciò a farsi largo nel secolo XII. Pur rimanendo sfuggent i, figure come quella dei milit es Bernardo da Cerclaria o Swicherio ci parlano di un vivace prot agonismo. Ent rambi t it olari di ampie curt is ent ro le mura urbiche, seppero guardare anche al di fuori della loro ‘ t erra’ , molt o al di fuori. Alla fine del XII secolo il da Cerclaria era pat rono di una nave di dimensioni not evoli, forse dest inat a al t rasport o dei Crociat i in Orient e. E la Terrasant a, dalla quale non t ornò, era sicurament e la met a di Swicherio nel 1213, non è chiaro se come semplice pellegrino o come ambasciat ore pat riarcale, o forse ent rambe le cose 9. Le loro famiglie e le rispet t ive discendenze – come alt re che via via consolidarono la presenza ent ro le mura e nel t errit orio circost ant e – part eciparono in modo at t ivo alla vit a polit ica, religiosa e sociale. I document i ci most rano quest i personaggi non solo nel ruolo di milit es della cort e pat riarcale, int ent i a cavalcare (anche in armi) al seguit o del pat riarca, ma ancora nelle vest i di canonici del Capit olo, di frat i francescani (dal 1244) e domenicani (dal 1252), o di badesse e monache per quel che concerne l’ universo femminile 10. Come ha sot t olineat o Andrea Tilat t i, t ra i frat i di ent rambi gli ordini mendicant i alcuni appart enevano «a famiglie dell’ arist ocrazia libera e minist eriale del pat riarca, olt re che alla “ classe media cit t adina” […] e impersonavano i robust i legami int ercorrent i t ra l’ ordine e i cet i dirigent i locali»11. Tant o i religiosi domenicani quant o i francescani ebbero un ruolo import ant issimo di mediazione civile, ne è un esempio la composizione di uno scont ro cit t adino avvenut o nel 1308 e ricordat o da un cronist a locale. In un pomeriggio di met à maggio Cividale era st at a messa a ferro e fuoco da un gruppo di facinorosi guidat i dalla famiglia cast ellana degli Zuccola, penet rat i in cit t à col favore dei Boiani per prenderne il cont rollo. Cont ro di loro avevano rispost o i de Port is con alcuni aderent i e, secondo il canonico Giuliano da Cividale, a riport are l’ ordine era st at o l’ int ervent o dei frat i predicat ori 12. Ant eriorment e alla met à del Duecent o le font i document arie cividalesi e quel che abbiamo scrit t o fino a qui ci rimandano una visione deformat a della realt à urbana: pare che t ut t a la vit a ruot asse int orno alle ist it uzioni ecclesiast iche. Indubbiament e il loro peso fu not evole e, come 9 Cfr. SCARTON 2012a, pp. 82-85 e 99-101. Sull’ impresa armat oriale di Bernardo da Cerclaria v. LEICHT 1907. Per la figura di Swicherio, della famiglia da Pert ica, forse un avo dei Boiani, v. anche FIGLIUOLO 2012b, p. 210 e FIGLIUOLO 2010. 10 Per t ut t i la font e più complet a sono i libri degli anniversari del Capit olo e dei due convent i, edit i da SCALON 2008. 11 TILATTI 1994 sot t olinea inolt re come, nonost ant e ripet ut i richiami, a Cividale in part icolare i Domenicani si int romet t essero frequent ement e nelle vicende t emporali del pat riarcat o (p. 27); per la cit azione cfr. p. 19. 12 Dopo aver descrit t o assai minuziosament e l’ andament o dello scont ro, il cronist a concluse: «Frat res predicat ores composuerunt int er part es, facient es t rewas ad hoc ut recederent »: TAMBARA 1905-1906, p. 40. Sull’ episodio v. anche PASCHINI 1990, p. 427-428. 3 abbiamo già det t o, fu proprio int orno alla Chiesa che molt i cent ri si coagularono nei moment i difficili e durant e i vuot i ist it uzionali. Ma si t rat t a appunt o di una st ort ura. Complice proprio quel passat o st orico che la rendeva la prima sede pat riarcale – dopo che i presuli avevano da t empo abbandonat o Aquileia – Cividale fu probabilment e la prima ‘ t erra’ friulana in cui prese forma quel regime polit ico che va sot t o il nome di Comune. A t ut t ’ oggi la prima at t est azione risale al gennaio del 1250, ma doveva t rat t arsi di un organo ormai mat uro, benché st ret t o t ra alt ri pot eri che ne limit avano l’ aut onomia13. Fin dal suo sorgere, esso aveva infat t i condiviso la scena con i due maggiori ufficiali pat riarcali operat ivi in cit t à: l’ avvocat o e il gast aldo. Secondo Vincenzo Joppi il primo era quello di più ant ica ist it uzione, det ent ore della giurisdizione commerciale sul circulo f ori e cit at o almeno dal 1102. A Cividale la concessione del mercat o permanent e fu t ra l’ alt ro la prima del pat riarcat o, risalent e agli anni del presule Pellegrino I (1132-1161) 14. Il gast aldo – l’ alt ra carica annuale concessa dal pat riarca diet ro pagament o di una quot a in denaro – si occupava invece della giust izia minore, olt re che di presiedere il consiglio cit t adino 15. Nei secoli finali del Medioevo era quest ’ ult imo il vero cuore pulsant e della ‘ t erra’ . Il consiglio era compost o in linea di massima da una quarant ina di persone di diversa est razione sociale: accant o alla component e arist ocrat ica (riconoscibile dal t it olo di mil es ant epost o al nome), c’ era un not abilat o cit t adino che con qualche libert à possiamo definire ‘ alt o-borghese’ (t ra le cui fila risult ano medici, not ai, commerciant i …) e infine una piccola rappresent anza di art igiani 16. La maggior part e era resident e a Cividale, ma non t ut t i vi erano nat i. L’ ant ica Forum Iulii, che frat t ant o aveva cambiat o il nome in Civit as Aust riae, nel corso del XIII secolo era st at a met a di una migrazione import ant e. Qui, come un po’ in t ut t o il pat riarcat o, le comunit à ‘ st raniere’ maggiori erano st at e quella t oscana (prima i Senesi, poi i Fiorent ini) e quella lombarda, ma dalle pagine dei libri degli anniversari cividalesi fanno capolino anche alt re component i giunt e dall’ area padana in generale, dai paesi d’ Olt ralpe (i vari ‘ t eot onici’ e pure qualche ‘ ongaro’ ), o ancora dal ‘ confine’ orient ale (Carniola, Ist ria, Croazia) 17. Il suono di una campana nella domus comunis annunciava le sedut e, convocat e nella sala consiliare al moment o del bisogno, spesso quot idianament e e in qualche caso anche più di una volt a al giorno. Gli argoment i, discussi e verbalizzat i dal cancelliere, t occavano le più svariat e mat erie, dalle quest ioni polit iche (relazioni diplomat iche, promulgazioni di nuove rubriche 13 SCARTON 2012a, p. 108 e SCARTON 2012b, p. 314. JOPPI 1892, p. 6. Della concessione del mercat o rimane il diploma di conferma concesso nel 1176 dal pat riarca successivo, Ulrico II: SCARTON 2012a, p. 103; SCARTON 2012b, pp. 313-314; LEICHT 1937, p. 13; per lo St at ut o dell’ Avvocat o v. LEICHT 1914. 15 Una serie dei gast aldi medievali dal 1125 (l’ ist it ut o fu soppresso nel 1797) fu ricost ruit a da GRION 1899, pp. 92-98, e da LEICHT 1898, pp. 83-86. Sul ruolo del gast aldo v. la rubrica 87 dello st at ut o t recent esco: BENATTI 2005. 16 La chiusura oligarchica, consolidat a at t raverso met odi di elezione poco chiari, crebbe nel corso del Trecent o fino a sfociare nel 1404 in una vera e propria rivolt a popolare, un episodio sul quale già Michele Zacchigna suggeriva di ampliare l’ indagine: ZACCHIGNA 1999a, pp. 87-88. 17 Sui Toscani in Friuli cfr. FIGLIUOLO, PINTO 2010; il loro arrivo a Cividale è indagat o in FIGLIUOLO 2012a. Sui Lombardi cfr. DAVIDE 2008; sulle alt re component i v. SCALON 2008, in part icolare vol. I, pp. 108-117. 14 4 st at ut arie, decisioni di ordine milit are e difensivo, bandi) a quelle fiscali (imposizioni, mult e, confische e uso del denaro); dalle giuridiche (t regue e composizione di conflit t i di livello minore) a quelle socio-assist enziali (aiut i ai poveri, elemosine) 18. Nel corso del t empo il Comune si era ricavat o margini di aut onomia sempre maggiori. Saldament e in mano a un’ oligarchia cit t adina rist ret t a e ben delineat a, il cui avvicendament o semest rale era pressoché fit t izio, nel pieno Trecent o il consiglio cividalese si spinse olt re, t roppo olt re. L’ inasprirsi del confront o con Udine – dove i presuli risiedevano ormai con sempre maggior cont inuit à – favorit o anche dalla presenza sul soglio pat riarcale di un personaggio energico come Bert rando di Saint Geniès, innescò una spirale di conflit t i che dalla met à del XIV secolo vide le due cit t à quasi sempre in cont rast o. Bast a scorrere anche superficialment e la St oria del Friul i compilat a dal Paschini per rendersene cont o: se c’ era da scegliere come schierarsi, Cividale mosse quasi sempre in direzione oppost a rispet t o a Udine. Spesso il risent iment o cont ro Udine e cont ro il pat riarca che la favoriva divent avano un t ut t ’ uno. Se Cividale rifiut ava lo st ravolgiment o gerarchico delle ‘ t erre’ conseguent e l’ affermazione udinese e cont inuava a sent irsi fort e in quant o «luogo lit urgico del pot ere t emporale dei pat riarchi» 19, gli st essi presuli erano consapevoli della pericolosit à di perdere il cont rollo su quella comunit à e sul suo t errit orio di pert inenza. Nel Basso Medioevo Udine sarà anche st at a la cit t adina più popolosa, ma fuori delle mura la sua influenza si est endeva su nove villaggi, piccola cosa se confront at a con la giurisdizione che Cividale det eneva su olt re sessant a 20. Come accennat o, durant e il pat riarcat o di Bert rando la rivalit à conobbe probabilment e le punt e più elevat e, fino a concludersi con il not o assassinio del presule nell’ est at e del 135021. Il t ragico event o segnò una t emporanea t regua a un drammat ico periodo, scandit o da scomuniche, int erdet t i e agguat i t ra i due front i cont rappost i: da un lat o Udine e la f amiglia Savorgnan, elet t i a paladini del pat riarca; dall’ alt ro Cividale, che pot eva cont are sull’ alleanza col cont e di Gorizia e con alcune famiglie cast ellane. Il successore di Bert ando avviò una violent a opera di repressione. Nicolò di Lussemburgo prese subit o posizione nei confront i della nobilt à cast ellana per cont rollarne le spint e cent rifughe e lo fece nel modo più brut ale: cat t ure e condanne a mort e dovevano servire da monit o per il fut uro. La più esemplare fu senz’ alt ro quella di Federico de Port is. Secondo Pio Paschini, t re anni dopo l’ uccisione di Bert ando il cividalese «confessò spont aneament e di aver percosso di propria mano con due colpi il pat riarca»22 e per 18 A livello assist enziale è int eressant e not are come i nomi di molt i dei consiglieri del Comune si rit rovino anche negli elenchi degli iscrit t i alle confrat ernit e e t ra gli ufficiali dei due ospedali principali: S. Mart ino (cont rollat o dalla fradaglia dei Bat t ut i) e S. Spirit o (SCARTON 2011 e SCARTON 2012c). 19 ZACCHIGNA 1999b, p. 303. 20 LEICHT 1955, p. XX. 21 Sulla figura del presule cfr. la biografia di BRUNETTIN 2004, con l’ ampia bibliografia cit at a. Sulla composizione del consiglio del comune di Cividale in et à t recent esca cfr. SCARTON 2012b. Sullo scont ro t ra Cividale e il pat riarca cfr. PASCHINI 1990, pp. 482-489 e GRION 1899, pp. 55-61. 22 PASCHINI 1990, p. 503. 5 quest a ammissione pagò con la vit a. Trascinat o a Udine, fu squart at o e, con un macabro rit uale, espost o in quat t ro diverse port e cit t adine 23. Nel parlament o del giugno del 1353 Nicolò di Lussemburgo dichiarava che t ut t i i responsabili dell’ assassinio del suo predecessore erano st at i punit i 24, ma il seme della discordia int erna al pat riarcat o era ormai ben radicat o. Diverbi e animosit à t ra le due maggiori comunit à a vocazione urbana furono una cost ant e nell’ et à bassomedievale, con moment i di calma apparent e seguit i da periodi di conflit t o più o meno marcat o. Un’ alt ra fase crit ica si ebbe durant e il pat riarcat o di Filippo d’ Alençon (1381-’ 87). In quest ’ occasione il presule godeva del favore dei cividalesi, ment re era st at o ost acolat o fin da subit o da Udine, che avrebbe preferit o che la scelt a papale cadesse su Ludovico di Helfingst ain. L’ appoggio al pat riarca – negat o da una part e e sbandierat o dall’ alt ra – fu ancora una volt a mot ivo di rot t ura t ra Cividale e Udine, una guerra che si acuì t ra il 1382 e il 1384; che nel 1385 vide la comunit à sul Nat isone rifiut are l’ adesione alla ‘ lega friulana’ promossa da Venezia per cont rast are le mire sul Friuli di Francesco da Carrara, e i cui t oni si smorzarono solo nel 1387, dopo che il d’ Alençon ebbe rinunciat o al pat riarcat o 25. La sit uazione si ripresent ò punt uale vent ’ anni più t ardi, e st avolt a fu Cividale a non voler riconoscere come capo spirit uale della Pat ria il neo elet t o Ant onio da Pont e. Tra l’ est at e e l’ aut unno del 1410 Cividale e Udine aprirono nuovament e le rivalit à in margine a un conflit t o più ampio, che vedeva cont rappost i due schierament i, uno facent e capo al pat riarca, l’ alt ro al cont e Federico di Ort emburg26. Ma Cividale manifest ò al meglio la propria aut onomia decisionale quando – prima t ra le ‘ t erre’ friulane – nel 1419 fece at t o di dedizione alla Serenissima. Nell’ aprile del 1418, allo scadere della t regua quinquennale st ipulat a t ra Venezia e l’ imperat ore Sigismondo, la lot t a per il cont rollo del Friuli t ornò a infuriare; nel mirino della Serenissima i primi obiet t ivi erano proprio Cividale e Cormons27. Nicolò de Port is, inviat o come ambasciat ore pat riarcale a Venezia, al suo rient ro espose al consiglio cit t adino la drammat ica sit uazione che si andava profilando: «Dixerat eidem quod dominium Veneciarum habebat malum animum cont ra hanc comunit at em, et quod cert e int endit habere hanc t erram et Cormonum, quibus locis habit is, non dubit at ducale dominium quin possit habere residuum Foroiulii»28. La rispost a immediat a fu il rinforzo delle difese della ‘ t erra’ , di cui rimangono t racce nelle delibere: il 6 maggio si dispose l’ imposizione di una t assa (colt a) st raordinaria e si deliberò di assoldare per un mese Crist oforo Prat er con i suoi uomini d’ arme e vent icinque cavalli; il 29 giugno si ordinò di precet t are gli uomini necessari per garant ire la sorveglianza cont inua della t erra e dei borghi. Il 4 luglio un consiglio allargat o (quasi rengo) deliberò: 23 GRION 1899, p. 63. LEICHT 1925, p. 161-162 e LEICHT 1954, pp. 80-81. 25 PASCHINI 1990, pp. 592-622. 26 PASCHINI 1990, pp. 708-710. 27 La t regua era st at a firmat a a Cast ellut t o il 17 aprile 1413: PASCHINI 1990, pp. 720-721; per le mire su Cividale v. p. 733. 28 LEICHT 1925, p. 519. 24 6 - Super f act o et modo apt andi miliciam et pedoniam; - Super f act o et modo ponendi colt am pro reperiendo pecunias, qui sunt necessarie pro solvendo st ipendiariis; - Super f act o et modo apt andi decenas (le decene erano i gruppi che componevano la milizia); - Super cust odia f acienda t am in die quam in noct e; - Super f act us Prat er conduct us et st ipendiarii nost ri cum sua comit iva; - Super modo reperiendi pecunias pro murando burgos et f ort if icando t erram 29 . La seconda t assa impost a in pochi mesi e l’ incalzare dei primi provvediment i ci danno il polso di una sit uazione che si faceva ogni giorno più crit ica, nonost ant e la diplomazia st esse lavorando in parallelo per int essere con Venezia accordi di pace, punt ualment e respint i 30. Un anno dopo Cividale si dichiarava allo st remo. Cert ament e non era la sola, ma dopo che i suoi ult imi appelli nelle sedut e del parlament o caddero nel vuot o, il 15 maggio 1419 un arengo compost o da cent ossessant a membri (quarant a per ciascun quart iere) deliberò all’ unanimit à che si t rat t asse la pace con Venezia in separat a sede. I provvedit ori ser Zenone de Port is e ser Crist oforo di Ot t obono, il miles Corrado Boiani, ser Nicolò de Port is, ser Adamo Forment ini, ser Bart olomeo Savorgnano, ser Virgilio Virgili, ser Zano di Blasut t o del Ferro e ser Alessio not aio di Giacomo da At t imis ebbero pieno mandat o di rappresent are la comunit à, at t ent i a che essa conservasse alcuni privilegi («ant iquas libert at es et franchisias»), ma soprat t ut t o l’ obbedienza alla Chiesa di Aquileia. È int eressant e not are come sul piano diplomat ico la piccola comunit à sul Nat isone per due mesi sia riuscit a a t ener t est a a Venezia, che avrebbe volut o che i Cividalesi giurassero di essere «amici amicorum et inimici inimicorum suorum». Nelle disposizioni finali dat e ai propri rappresent ant i a Venezia – Nicolò de Port is, Simone di Giovanniant onio e il not aio ser Alessio di Giacomo da At t imis – spicca la volont à di Cividale di t rat t are fino in fondo, ma anche di essere pront a a sacrificare Udine (e il pat riarca) prima di qualsiasi alt ra ‘ t erra’ friulana. L’ ult ima not a recit a: «Et si hoc non pot erit opt ineri, t unc enim cont ra pat hriarcam et Ut inenses, non cont ra alios, iuxt a posse nost rum»31. La pace siglat a t ra l’ 11 e il 13 luglio per il pat riarca e per Udine fu come una pugnalat a alle spalle. Per Cividale invece la minaccia non era affat t o conclusa: di lì a poco un esercit o di Ungari mandat i dall’ imperat ore a sost egno del presule 32 l’ avrebbe cint a d’ assedio e cost ret t a a una st renua difesa: «Cont ra di noi fo t ut t o lo sforzo del cont ado di Gorizia, e quelli de Udene fecerin t ut t o lo so sf orzo cont ra de noi, cum bombarde et mult it udine 29 Cfr. il regist ro di delibere dal maggio 1418: BCC, AMC, G01-01, fascicolo 1237, ff. 5v, 11r, 14r-v. Non è possibile verificare nel det t aglio le spese difensive e le t ipologie di int ervent i, perché per il 1418 è pervenut o solo un framment o del regist ro del camerario del primo semest re, per i mesi da gennaio a marzo. 30 LEICHT 1925, pp. 525-535. 31 BCC, AMC, G01-01, fascicolo 1238, ff. 31r-v, 32v-33r, 34v-35r, 46r-v. Cfr. anche GRION 1899, pp. 82-83 e doc. XIV (per i capit oli di pace). 32 Il 6 agost o 1419 il comune aveva pagat o 5 ducat i d’ oro a Janchiglo, famiglio di Adamo Forment ini, perché si recasse verso Buda per indagare la not izia secondo cui seimila Ungari erano in marcia (ASU, DSF, III/ 237, c. 262r); il 10 set t embre avvisavano Venezia dell’ imminent e arrivo di ot t omila Ungari (ivi, c. 269r); il 20 set t embre Janchiglo era t ornat o e le dimensioni dell’ esercit o nemico erano ridimensionat e a quat t romila (ivi, c. 272r); il 25 set t embre furono cat t urat e spie ungare e pat riarcali a Cividale e t ort urat e nei giorni successivi (ivi, c. 273v-274r). 7 de scale et mant helet t i e t ut t i cridavano “ A Cividal, a Cividal, a sacomano” » 33. Fu solo la resa di Udine, nel giugno del 1420, a decret are la sot t omissione definit iva del Friuli alla repubblica di San Marco 34, ma non la fine delle rivalit à t ra le ‘ t erre’ pat riarcali. Esse negoziarono t ut t e separat ament e con Venezia la propria aut onomia normat iva e giurisdizionale e si most rarono ancora e sempre cont rarie a cedere la rappresent anza dei propri int eressi a Udine, la quale, dal cant o suo, «mirava a proporsi quale leader e port avoce delle forze rappresent at e dalle comunit à»35. Una not a di colore: dopo la firma degli accordi di pace, uno dei modi per ufficializzare la sot t omissione a Venezia era apporre le insegne della Serenissima nelle sedi civiche, affiancandole a quelle comunali. Cividale at t ese la seconda met à del 1422, quando il camerario regist rò le spese per «far far l’ armadura in plaza, per depenzer San Marco», commissionat a a maest ro Ant onio pit t ore per quat t ro ducat i 36. Udine fu più ligia: quindici giorni dopo l’ approvazione dei pat t i con Venezia un S. Marco campeggiava già nella sala consiliare e le armi della Serenissima ornavano la cancelleria, opera di Ant onio di Tomasino Baiet t o. Nei mesi successivi le st esse insegne cominciarono a spunt are ovunque, dal palio, alle vest i dei rappresent ant i del comune 37. Il 1419-’ 20 in Friuli segnò l’ epilogo di un’ et à gloriosa; il pat riarca avrebbe t ent at o invano di t ornare nella Pat ria e riprendere il cont rollo della regione. Per part e sua, nonost ant e la fort e vocazione urbana e un passat o da prot agonist a, Cividale era e rimaneva una ‘ t erra’ . Fu uno smacco quando, da Robert o Morosini in poi, t ut t i i luogot enent i veneziani scelsero il cast ello di Udine come loro residenza e quindi come nuovo cent ro polit ico della regione. Il sogno di essere una cit t à a t ut t i gli effet t i, t it olare di quella cat t edra vescovile che le era sempre mancat a, si infranse invece alcuni decenni più t ardi, nel 1465, quando il pont efice rifiut ò di creare dalle ceneri del pat riarcat o i vescovadi indipendent i di Udine e Cividale 38. L’ et à di mezzo fu comunque il periodo d’ oro di Cividale: all’ alba del Medioevo Forum Iulii aveva st rappat o ad Aquileia la palma di ‘ capit ale’ ; nell’ aut unno del Medioevo l’ indomit a Civit as Aust riae cedeva quel primat o alla sua nemica, Udine. 33 GRION 1899, p. 84, che cit a dallo St urolo. Pare che, per evit are devast azioni e saccheggi, Udine abbia versat o alle t ruppe veneziane t rent amila ducat i, ma nei regist ri dei camerari non ne rimane t raccia, del rest o la resa si colloca proprio t ra la fine della cameraria di Federico Savorgnan e prima della nomina del suo successore, Piet ro Peressini: GIANESINI 2007, p. 27. 35 DEGRASSI 2009b, p. 170. 36 Le spese sono sparse e riguardano la manodopera e vari mat eriali (un carro, l’ impalcat ura, un set accio, mezza libbra di colore azzuro «olt ra marin» e «quat ordici peze d’ oro fin»): BCC, AMC, G06-04, Cameraria 1421-’ 31, ff. XLVIIIIv-Lv (post 10.XI.1422). Non si sono reperit e spese di quest o t ipo nel periodo precedent e, bisogna comunque ricordare che manca il quaderno della cameraria del primo semest re del 1420. 37 GIANESINI 2007, pp. 32 e 111 (8.VII.1420). Sempre nella sala del consiglio in ot t obre Giovanni Tuzulini aveva dipint o alt re nove insegne, t ra cui un S. Marco (p. 138); lo st esso sant o fu raffigurat o sulla vest e donat a a un corriere incaricat o di port are let t ere al luogot enent e nel marzo del 1421 (p. 169) e sul drappo del palio delle balest re di giugno dello st esso anno (p. 149). 38 PASCHINI 1990, p. 757. 34 8 BIBLIOGRAFIA Barbiera 2012 – I. Barbiera, Memorie sepolt e. Tombe e ident it à nell’ alt o medioevo (secoli V-VIII), Carocci edit ore, Roma 2012. Benat t i 2005 – C. Benat t i (a cura di), St at ut i di Cividale, Forum, Udine 2005. Brunet t in 2004 – G. Brunet t in, Bert ando di Saint -Geniès, pat riarca di Aquileia (1334-1350), Cisam, Spolet o 2004. 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