Academia.eduAcademia.edu
H istorikαv H istorikv Studi di storia greca e romana VII 2017 Historika Studi di storia greca e romana International Open Access Journal of Greek and Roman History UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI TORINO Dipartimento di Studi Storici - Storia antica in collaborazione con CELID LEXIS Compagnia Editoriale in Torino srl, via Carlo Alberto 55, 10123 Torino celid@lexis.srl Comitato editoriale e scientifico Editors Executive Editor and Journal Manager Redactional Board : Silvio Cataldi, Enrica Culasso, Sergio Roda, Silvia Giorcelli Bersani : Gianluca Cuniberti : Elisabetta Bianco, Gianluca Cuniberti, Daniela Marchiandi, An- drea Pellizzari, Maria G. Castello, Chiara Lasagni, Mattia Balbo. International Advisory Board : sciences sociales, Paris), Jean-Michel Paolo Desideri Carrié (Univ. (École Firenze), des hautes Martin études Dreher en (Univ. Magdeburg), Luigi Gallo (Univ. Napoli “L’Orientale”), Stephen Hodkinson (Univ. Nottingham), Denis Knoepfler (Collège de France, Paris), Patrick Le Roux (Univ. Paris XIII), Elio Lo Cascio (Univ. Roma “La Sapienza”), Mario Lombardo (Univ. del Salento, Lecce), Arnaldo Marcone (Univ. Roma Tre), Isabel Rodà de Llanza (Univ. Autonoma di Barcelona, Institut Català d'Arqueologia Clasica) Historika Studi di storia greca e romana Dipartimento di Studi Storici - Università degli Studi di Torino Via S. Ottavio 20 - 10124 Torino ITALIA www.ojs.unito.it/index.php/historika www.historika.unito.it e-mail: historika@unito.it Volume VII 2017 Tutti i contributi sono sottoposti a peer review Questo volume è stato pubblicato con il contributo dell’Università di Torino, Dipartimento di Studi Storici © Diritti riservati agli Autori e agli Editori (informazioni sul sito) Torino, dicembre 2017 ISSN 2240-774X e-ISSN 2039-4985 ISBN 9788867890729 Historika è una pubblicazione a periodicità annuale edita dall’Università degli Studi di Torino (Dipartimento di Studi Storici - Storia antica) in collaborazione con la casa editrice universitaria Celid, che ne assicura l’edizione cartacea. Nasce per iniziativa dei docenti di storia greca e romana dell’Ateneo torinese: intende proporre al lettore ricerche su “oggetti” storici e storiografici, ka/historica histori- appunto, i quali, segnati nel mondo greco e romano dall’identità historìa/historia, continuano a suscitare oggi come historika grammata. Historika sperimenta la diffusione on line ad accesso aperto, aderisce alla “Dichiarazione di Berlino” (Open Access to Knowledge in the Sciences and Humanities) e, nell’ambito della ricerca universitaria in storia antica, promuolinguistica e metodologica di allora scritti storici, ve la comunicazione e il dibattito scientifico nell’età del web: senza rinunciare all’edizione cartacea, diffonde le proprie pubblicazioni nel proprio sito internet e depositandole nelle open libraries internazionali, pratica la peer review ano- nima e certificata al fine della valutazione dei testi proposti al comitato scientifico ed editoriale, conserva all’autore la piena proprietà intellettuale del testo pubblicato (con il solo vincolo di citare la pubblicazione su Historika qualora si riproponga il testo, in tutto o in parte, in altra sede), riconosce al lettore il diritto di accedere gratuitamente ai risultati della ricerca scientifica finanziata con risorse pubbliche. Historika è a disposizione della comunità scientifica internazionale per accogliere contributi innovativi e originali inerenti alla storia antica dal periodo arcaico a quello tardoantico. In particolare sono specifici obiettivi di Historika la storia politica, istituzionale, sociale, economica e culturale, la ricerca epigrafica e il suo contributo alla macro e microstoria, l'uso politico e ideologico del passato greco e romano nelle età postclassiche. In particolare una sezione apposita, “Ricerche e documenti”, è riservata agli studi che abbiano per oggetto diretto le fonti materiali. Qui sono ospitati edizioni di testi inediti, aggiornamenti e riletture di testi già editi, così come commenti di ampio respiro che abbiano tuttavia nel documento antico il loro principale motivo di ispirazione. Sono ammesse tutte le lingue nazionali, eventualmente affiancate, a richiesta del comitato edito- Historika VII - ISSN 2240-774X e-ISSN 2039-4985 5 riale, dalla traduzione del testo in inglese. Accanto a saggi di argomento vario, ogni volume comprende una sezione tematica che riflette gli interessi di ricerca del comitato editoriale e scientifico. Grazie a queste caratteristiche Histori- ka vuole porsi fra tradizione e innovazione, utilizzando anche i nuovi strumenti tecnologici per partecipare, con il proprio apporto, al progresso scientifico e alla diffusione della conoscenza. Eccezionalmente questo volume è interamente dedicato alla pubblicazione dei contributi che sono stati presentati in occasione del 5° Seminario Avanzato di Epigrafia Greca, tenutosi presso l’Università di Torino dal 18 al 20 gennaio 2017, e che ora giungono a pubblicazione in forma più ampia e rivista anche a esito della discussione scientifica svoltasi in quella sede e di un rigoroso percorso di revisione. Nota per gli Autori Gli Autori possono proporre i loro contributi tramite l’apposita procedura informatica prevista nel sito di Historika: www.historika.unito.it (dove sono disponibili i criteri redazionali), oppure via email: historika@unito.it. Ogni comunicazione può essere inviata a: Historika Studi di storia greca e romana Dipartimento di Studi Storici - Università degli Studi di Torino Via S. Ottavio 20 - 10124 Torino - ITALIA 6 www.historika.unito.it INDICE Introduzione di E.Culasso Gastaldi ............................................................................ Atene e l'Attica ANGELOS P. MATTHAIOU 3 The Attic decree IG I 30 revisited ............................................................................. MICHELE FARAGUNA Documents, Public Information and the Historian: Perspectives on Fifth-Century Athens........................................................................ CHIARA LASAGNI The Epigraphic Landscape of Athens» ELA Database: caratteristiche e risultati preliminari Il progetto « e l’ per uno studio semantico della topografia ateniese ................................................... CLAUDIA ZANAGA Alcune considerazioni in merito ai cataloghi arbitrali ateniesi................................. L'Asia Minore FRANCESCO GUIZZI Novità epigrafiche da Hierapolis di Frigia ................................................................. MICHELA NOCITA Epigrafi funerarie di Hierapolis in Frigia tra acquisizioni del passato e studi recenti ................................................................. MARGHERITA FACELLA Giove Dolicheno e Turmasgade a Dülük Baba Tepesi: note epigrafiche ................ BRUNA CAPUZZA L’Apollo di Klaros e la poesia epigrammatica: la struttura polimetrica degli oracoli epigrafici di Kaisareia Troketta e Kallipolis ........................................ BIANCA NICOLETTA D’ANTONIO - LARA DILETTA VAROTTO Per un nuovo corpus epigrafico di Kyme eolica: panoramica dei lavori................. L'Occidente ELENA MIRANDA DE MARTINO I Sebasta dell’82 d.C.: restauro delle lastre e aggiornamenti.................................... Historika VII - ISSN 2240-774X e-ISSN 2039-4985 7 DIVA DI NANNI DURANTE Le regine dello sport. Atlete e artiste in gara nel mondo greco-romano .................. GIOVANNI BOFFA Alfabetari e insegnamento della scrittura in area peuceta fra V e IV secolo a.C. ........................................................................ EMILIO ROSAMILIA Coroplasti e onomastica a Taranto fra IV e III secolo a.C. ....................................... L'altra Grecia MANUELA MARI Istituzioni cittadine della Macedonia preromana. Alcune novità epigrafiche ......... ELENA FRANCHI Due dediche focidesi per una vittoria contro i Tessali? 3 Analisi comparata di Syll. 3 202B e Syll. 203A ......................................................... STEFANO STRUFFOLINO Πτολεμαιεὺς ἀπὸ Βάρκης ........................................................................................... L'età romana ENRICA CULASSO GASTALDI L'edizione dell'erma di Menandro e il ritorno a Ligorio e a Orsini .......................... CESARE ZIZZA Le iscrizioni nelle Storie di Polibio: teoria e prassi dell’uso di materiale epigrafico per (ri-)scrivere la storia ....................................................... FRANCESCO CAMIA La titolatura dei sacerdoti del culto imperiale in Grecia: terminologia ed evoluzione ......................................................................................... Gli strumenti e i repertori CLAUDIA ANTONETTI - STEFANIA DE VIDO Digital Epigraphy at the Greek Epigraphy Laboratory, Ca’ Foscari University of Venice ............................................................................... DANIELA SUMMA L'epigrafia greca tra scienza ed esperienza: il ruolo di Berlino......................................................................................................... 8 www.historika.unito.it ENRICA CULASSO GASTALDI L’edizione dell’erma di Menandro e il ritorno a Ligorio e a Orsini L’erma di Menandro costituisce un documento di peso rilevante all’interno del patrimonio epigrafico e collezionistico ospitato nel Museo Archeologico di Torino, il quale è entrato ora a far parte del grande progetto espositivo realizzatosi con la creazione dei Musei Reali subalpini. Il manufatto, di provenienza romana, si può considerare piemontese solo per la sua lunga residenza in territorio subalpino, che procede ininterrotta dall’inizio del XVII secolo. A partire dal 1610, infatti, si avviarono le trattative, ispirate da Carlo Emanuele I di Savoia, che portarono nella città ducale, insieme ad altri oggetti di collezionismo, anche l’erma di Menandro e quella di Omero (1616). Di quest’ultima si perse però traccia dopo il grave incendio (1667) che portò a un serio danneggiamento della Grande Galleria, ove l’ambizione collezionistica del Duca aveva raccolto ed esposto importanti testimonianze del passato fatte affluire attraverso un lungimirante programma di acquisizioni. Anche attraverso la strategia del protettorato delle arti e della cultura antiquaria la giovane dinastia si poneva in luce nell’agone con le altre corti europee, che si profilava come una competizione artistica, ma anche 1 come una forma di autorappresentazione politica e culturale . Nel Lapidario Sul percorso collezionistico dell’erma vd. già Riccomini 2011, 131-145, part. 136137, con convincente ipotesi in relazione al passaggio dell’erma dalla collezione romana 1 dei Soderini a quella degli Altoviti, legate da matrimonio, e sul suo finale arrivo a Torino; cfr. anche 1996, 92-95. Sulle collezioni di Carlo Emanuele I vd. Romano 1995; in particolare sulla collezione di sculture vd. Bava 1995, 135-176, sulla collezione Altoviti 158-162, sulla Grande Galleria 165-169. Il grande tema del collezionismo di Carlo Emanuele I è stato ora oggetto di un’importante mostra, il cui catalogo costituisce una messa a punto definitiva sulla consistenza patrimoniale delle raccolte: vd. Bava, Pagella (a cura di) 2016; sulle “arti come linguaggio dell’ambizione dinastica” vd. il contributo di Gal, 13-17; sulla Grande Galleria vd. Visconti, 53-63, Tosini, 65-73, Varallo, 117-127 con Historika VII - ISSN 2240-774X e-ISSN 2039-4985 405 Enrica Culasso Gastaldi che fu organizzato da Scipione Maffei nel 1723 sotto il porticato dell’Università, ora sede del Rettorato subalpino, la sola erma di Menandro, 2 tuttavia, fu ritratta e commentata dal colto antiquario veronese . La vicenda del rinvenimento dell’erma di Menandro e l’incredibile mobilità cui essa fu sottoposta, passando di mano in mano, ammirata da colti umanisti e scambiata come bene di prestigio tra le famiglie nobiliari romane fino all’ultimo suo ricovero presso la capitale piemontese, è stata di recente ripensata a cura della scrivente. Mi si accordi il rimando a tale lavoro, dove spero che il lettore possa trovare ogni dettaglio delle molte vite dell’iscrizione: da quella primaria, generata per volontà delle colte aristocrazie romane del II secolo d.C., che apprezzarono il commediografo ateniese come maestro di vita e di saggezza, alle molte altre successive, che determinarono un’alterazione del testo iscritto e che causarono - non sappiamo in quale fase della sua combattuta esistenza - anche una mutilazione della sua struttura iconografica, 3 con perdita irreparabile della testa . L’erma, che oggi dobbiamo purtroppo definire come “erma acefala” di Menandro, fu rinvenuta prima del 1567 a Roma fuori di Porta San Paolo, nella località denominata Casale di Valerano, come concordemente testimoniano 4 Pirro Ligorio e Fulvio Orsini . Prima del 1569 fu poi trasportata, insieme all’erma di Omero, davanti all’ingresso del Mausoleo 5 di Augusto, che rientrava nelle disponibilità di Paolo Antonio Soderini . La notizia che la discussione della bibliografia precedente; sull’acquisto delle collezioni, con attenzione a quella Altoviti, Riccomini, 174-183, part. 176-178. Sul luogo di esposizione delle erme all’interno della Grande Galleria vd. anche Inventario delle statue, busti, bassi rilievi et altri marmi di S.A. Ser.ma stanti nella Galleria et altri luoghi, li 4 7bre 1631, in Angelucci, 1878, 62 («dentro un Gabinetto intagliato con le armi di Spagna», ubicato tra le armadiature lignee che fiancheggiavano le pareti, precisamente tra la numero 11 e la numero 12). 2 Maffei 1749, CCXXIX-CCXXX; cfr. Millin 1816, 257 e n. 7 (con rinvii inesatti [CCXXIII pro CCXXIX] alle pagine di Maffei 1749). 3 Culasso Gastaldi 2014. L’erma risulta privata della testa già nella raffigurazione che ne fece Orsini 1570, 33; sull’umanista e sulle sue collezioni di antichità, dopo il commento ormai ampiamente datato di de Nohlac 1884, vd. ora Cellini 2004, con riferimento all’erma di Menandro alle pagine 370-373. Osserva Maffei 1749, CCXXX: Caput de more olim superstabat, sed vetuste adscissum neque Ursinus vidit. 4 Neap. f. 202 r; Libro degli antichi eroi e uomini illustri cod. Ligorio, XIII B 2, , 23, 32 (24), ed. Palma Venucci 2005, 24; cfr. f. 30 (23), ed. Palma Venetucci 2005, 22; Orsini 1570, 20; sulla data vd. epist. ad Anton. Augustinum [18 marzo 1567 Biblioteca Nazionale f. di Madrid. Ms. 5781, ff. 35r/v, 36r]. Su una concorrente localizzazione in località detta Tre Fontane, fuori di Porta San Paolo sul percorso dell’antica Via Laurentina, vd. Stazio 1569, tav. XVI con discussione in Culasso Gastaldi 2014, 174-176. 5 Stazio 1569, tav. XVI; cfr. Boissard Cod. Holmiensis MS S 68, fol. 169 r (seconda 406 www.historika.unito.it L'edizione dell'erma di Menandro famiglia Crescenzi, proprietaria del Casale di Valerano, si era legata per via matrimoniale alla famiglia Soderini nell’anno 1562 può fornire una via abbastanza attendibile per comprendere i meccanismi che trasformarono il manufatto antico da reperto archeologico in erma itinerante. Passando di mano in mano, probabilmente proprio attraverso lo stabilirsi di vincoli nuziali tra i grandi casati romani, rinvenimento in 6 quest’ultima un anno che mosse dobbiamo dal suo originario considerare posteriore, luogo di pertanto, all’anno 1562 . Dopo una permanenza nella prestigiosa proprietà dei Soderini, esposta di fronte all’ingresso del Mausoleo di Augusto, successivamente, in virtù di un altro e collaterale legame matrimoniale tra costoro e la famiglia Altoviti, l’erma abbandonò definitivamente l’area romana per giungere alla 7 sua definitiva collocazione nella capitale subalpina . Richiamate così per sommi capi le vicende collezionistiche che portarono l’erma di Menandro nelle raccolte di Carlo Emanuele I, le pagine che seguono intendono presentare l’edizione del testo epigrafico dell’erma, accompagnata da un essenziale commento, al fine di completare lo studio precedentemente avviato, ma soprattutto al fine di porre in evidenza i corsi e i ricorsi esegetici che si concentrarono su tale significativo manufatto. Il forte interesse suscitato nei commentatori e la prevalente assenza di autopsia hanno però condotto a una conoscenza via via peggiorativa del testo, a partire dagli antiquari cinquecenteschi, passando per le grandi edizioni berlinesi per giungere infine all’ecdotica più recente. Scopo di questo contributo è pertanto quello di ristabilire l’originale dettato testuale e di far riaffiorare le flebili voci levatesi sporadicamente a sua difesa. Erma acefala ricomposta dall’unione di cinque frammenti. Il lato destro è originale; il lato sinistro è parzialmente conservato in corrispondenza della metà del XVI sec.; vd. Riccomini 1996, 93). Sulle incisioni di fine Cinquecento - inizio Seicento che ritraggono l’ingresso del Mausoleo con il ritratto di una o due erme vd. Culasso Gastaldi 2014, 177-181; indispensabile resta sempre la lettura di Riccomini 1995, 271 fig. 95; 1996, 92-95 nn. 5-6. 6 Caciotti 2014, 70, con note 16 e 17, descrive le vicende matrimoniali che potrebbero spiegare il passaggio di proprietà delle erme, dalla famiglia Crescenzi, proprietaria del casale di Valerano, alla famiglia Soderini, proprietaria del Mausoleo di Augusto: “Il legame dei Soderini con Antonia Mattei, moglie ed erede di Fabio Crescenzi, che nel 1562 sposò in seconde nozze Alfonso Soderini (+1623; figlio di Paolantonio), potrebbe far ipotizzare una provenienza delle due erme dal Casale Valerano entrato a far parte, con il matrimonio, nelle proprietà di famiglia”. Sulla consistenza della collezione Soderini, ricca in marmi e statue, vd. Riccomini 1995, 265-284. 7 Per una bibliografia specifica vd. supra n. 1, con particolare riferimento ai lavori di Riccomini 1995 e 2011. Historika VII - ISSN 2240-774X e -ISSN 2039-4985 407 Enrica Culasso Gastaldi parete posteriore (0,045-0,10 m dal retro) ma con perdita della corrispondente superficie scrittoria. Il lato inferiore è frammentario e nella parte centrale si conserva una superficie lavorata grossolanamente a colpi di scalpello, forse dovuti a un’azione di reimpiego (0,12 x 0,11). Si osserva un foro rettangolare sulla sinistra (0,03 x 0,04, con profondità 0,025). Il retro, lavorato a grossi colpi di scalpello, è parzialmente originale. Si osserva un incasso per un possibile reimpiego di forma rettangolare (0,30 x 0,14; profondità minima 0,065 e massima di 0,075, relativa quest’ultima a un ulteriore ribassamento interno dell’incasso). Sui lati destro e sinistro del pilastro si conservano due incassi speculari di forma rettangolare (0,13-0,15 x 0,05 x 0,035). In alto a destra sul lato anteriore si conserva parte dell’originaria decorazione iconografica, recante tre pieghe di un himation che discendono sulla spalla sinistra del personaggio raffigurato. Sul lato superiore, a sinistra, si conserva la traccia di un incavo tondo, del diametro di 0,01 e profondo 0,023 (con riferimento all’attuale superficie conservata). L’erma di Menandro fu rinvenuta insieme a quella di Omero precedentemente al 1567 (Ligorio e Orsini, per cui vd. supra n. 4) nella località denominata Casale di Valerano, lungo la via Ostiense fuori di Porta San Paolo. Attualmente è conservata presso il Museo di Antichità di Torino (Inv. 86436). Misure: 0,61 x 0,30 x 0,25. Superficie scrittoria: 0,40 x 0,21-0,23 x 0,295. La superficie scrittoria è attraversata da una frattura longitudinale, che corre dall’alto a destra verso il basso a sinistra, ed è stata ricostruita attraverso il ricongiungimento di quattro frammenti (tre aggiunti al blocco madre). All’altezza delle linee 11-12 la superficie scrittoria è lacunosa in corrispondenza del ricongiungimento dei frammenti, all’altezza delle linee 4-5 e 10 è frammentaria sulla parte destra. Lettere rubricate. Alpha con tratto spezzato; sigma, epsilon e omega tradizionali. La prima linea è tracciata a grandi lettere: si osserva in particolare la forma di delta e alpha con prolungamento del tratto obliquo destro e del ny con il tratto obliquo che si innesta sul lato verticale sinistro sotto l’apice; il sigma è caratterizzato da tratti orizzontali molto lunghi (altezza 0,02, tratti orizzontali 0,03). Complessivamente il ductus della linea 1 e delle linee 2-9 sembra simile, con la stessa profondità di incisione, ma differisce la paleografia di alpha, delta e ny. Linee 2-9: piccole apicature a trattini orizzontali; convergenza dei tratti obliqui segnata con un tratto orizzontale. Le linee 10-13 rivelano un ductus sensibilmente differente, con incisione superficiale e più sottile dei tratti; le lettere sono leggermente più piccole e prive di apici; l’interlinea è accresciuto. La fine delle linee non prevede la sillabazione. Assenza di iota ascritto. Vacat iniziale: 0,056-0,067; altezza lettere prima linea 0,027, omikron e sigma 0,022; vacat a destra della prima linea 0,024; vacat tra prima e seconda linea 0,04; 408 www.historika.unito.it L'edizione dell'erma di Menandro altezza lettere linee 2-9 0,008-0,009, lettere tonde 0,006-0,007, phi 0,017; vacat tra quinta e sesta linea 0,02; vacat tra nona e decima linea 0,039; altezza lettere linee 10-13 0,006-0,008, lettere tonde 0,005-0,006, phi: 0,015; vacat sotto la linea 13 0,024-0,055; interlinea tra linee 2-9 0,004-0,005, tra linee 1013 0,008-0,009. Ed. CIG 6083 (Franz); Kaibel 1878, 1084; IG XIV 1183 (Kaibel); Hülsen 1901, 164-165 nr. 27; IGUR 1526 (Moretti). Cfr. Ligorio, Neap. XII B 2, f. 202 r; Taur. 23, f. 32 e 33; Orsini 1570, 20-21, 32-33; Stazio 1569, tav. XVI; Boissard Cod. Holmiensis MS S 68, fol. 169 r (seconda metà del XVI sec.; vd. Riccomini 1996, 93); Lipsius 1588, 59; Muratori 1740, 656 nr. 2, 657, nr. 1; Rivautella-Ricolvi 1743, 170; Maffei 1749, CCXXIX; Lombroso 1874, 203; Richter II, 1965, 226 nr. 4; PCG VI, fasc. 2, F 170, 44-45; Bowie 1989, 244247; Culasso Gastaldi 2014, 165-195; 2016, 215-216 (cfr. 202, 236). Figg. 1, 2 (particolare) – Autopsia 2012, 2013. [Μέ]νανδρος. vacat [Ἐχρῆν μ]ὲ̣ν στῆσαι σὺν Ἔρωτι φίλῳ σε, Μένανδρ̣[ε], [ᾧ σὺν ζῶν] ἐτέλεις ὄργια τερπνὰ θεοῦ· vacat [δῆλος δ᾽ εἶ] φορέων αἰεὶ θεόν, ὁππότε καὶ νῦν 5 [σὴν μορ]φὴν κατιδὼν αὐτίκα πᾶς σε φιλεῖ. vacat [Φαιδρὸν ἑ]ταῖρον Ἔρωτος ὁρᾷς, Σειρῆνα θεάτρων, [τόνδε Μ]ένανδρον ἀεὶ κρᾶτα πυκαζόμενον· [οὕνεκ᾽ ἄρ ἀ]ν̣θρώπους ἱλαρὸν βίον ἐξεδίδαξα, vacat [ἡδύνας] σκηνὴν δράμασι πᾶσι γάμων. vacat vacat 10 [Οὐ φαύλως] ἔστησα κατ’ ὀφθαλμούς σε, Μένανδ[ρε], [τῆσδέ γ᾽ Ὁ]μηρείης, φίλτατέ μοι, κεφαλῆς, [ἀλλά σε δεύτ]ερα ἔταξε σοφὸς̣ [κρεί]νειν μετ’ ἐκεῖνον [γραμματι]κὸς κλεινὸς̣ πρόσθεν Ἀριστοφάνης. 0,05 0,022 0,031 La presente edizione ripristina la lettura che fu già dei primi editori a partire da Ligorio e Orsini, seguiti da colti studiosi, tra cui Stazio, Boissard, Lipsius, che tuttavia non videro il manufatto e ripeterono la lettura originale. Per un resoconto delle letture precedenti a CIG vd. nel dettaglio Franz, ad loc. Per facilitare la comprensione del testo proponiamo qui la sua traduzione: “Menandro. Conveniva davvero, o Menandro, che tu ti ergessi accanto al tuo caro Eros, / con il quale vivendo tu compivi i dolci misteri del dio: / tu porti chiaramente sempre con te il dio, poiché anche ora / ciascuno, contemplando la tua immagine, subito ti ama. // Tu vedi il lieto compagno di amore, la Sirena dei teatri, / questo Menandro con il capo sempre cinto di corona: / perché io insegnai agli uomini a vivere felicemente, / rallegrando la scena con rappresentazioni tutte Historika VII - ISSN 2240-774X e-ISSN 2039-4985 409 Enrica Culasso Gastaldi nuziali. // Non a caso io ti rizzai, o Menandro, di fronte a / questo busto di Omero, o tu a me carissimo, / ma decretò che tu ti aggiudicassi la seconda posizione dopo di lui / Aristofane, saggio giudice e grammatico, un tempo dalla chiara fama”. 2. epsilon: apice superiore e inferiore; rho: apice superiore. [οὐ φθόνος ἦ]ν Kaibel, Moretti. Μενάνδρε Maffei. Μένανδ[ρε] Kaibel (conicias litteras ΡΕ in dextro hermae latere additas fuisse), Moretti. 3. [οὗ ζώων γ’] Kaibel, Moretti. 4. Ωἷ (sic) συζῶν Maffei. 5. phi subito dopo la lacuna: visibile il lungo tratto verticale e, con incisione più abrasa, l’elemento tondo. La lettura ΦΗΝ è ancora testimoniata da Muratori. [εἰκόνα σ]ὴν Kaibel, Moretti. ΠΑΣΕΦΙΛΕΙ Ligorio. 7. [κλωσὶ Μ]ένανδρον Kaibel, Moretti. ΑΙΕΙ Ligorio. L’insistenza sul capo sempre cinto di corona rispecchia sicuramente un giudizio espresso dal pubblico colto romano, non certo dai contemporanei di Menandro, che gli tributarono raramente la vittoria, come ancora ricorda Marziale (V 10, 9 = PCG VI 2, p. 28 T 98): rara coronato plausere theatra Menandro. 8. ny: tratto destro verticale con l’apice superiore e parte del tratto obliquo. [φησὶν δέ· ἀ]νθρώπους Kaibel, Moretti. ΕΞΕΔΙΑΞΑ Ligorio. ἐξεδίδαξ[εν] Franz. La lettura di Orsini è preferita anche da Bowie 1989, 246 n. 70. 9. ΗΔΥΝΣ Orsini. [ἐμπλήσας] Kaibel, Moretti. ΣΚΗΥΗΝ Ligorio. . [Οὐκ ἄλλως] Kaibel, Moretti. Μενάνδρε Maffei. Μένανδρε Franz. [γείτον’ Ὁ]μηρείης Kaibel, Moretti. 12. sigma: tratto orizzontale superiore. [εἰ σέ γε δεύτ]ερα Kaibel, Moretti. δεύτερ’ ἔταξε Franz. κρίνειν Maffei, Lipsius. ΜΕΤΕΓΕΙΝΟΝ Ligorio. 10 11. 13. sigma: tratto orizzontale inferiore. ΓΡΜΜΑΤΙΚΟΣ Orsini. Il manufatto appare nel complesso databile all’età imperiale. All’analisi paleografica la mano che tracciò la prima linea sembra simile, per ductus, rispetto a quella che incise le linee 2-9, corrispondenti alla prima e alla seconda quartina. La paleografia, tuttavia, si differenzia nella traccia delle lettere con alpha, delta e ny. Gli ultimi quattro versi (10-13), infine, sono tracciati mano visibilmente diversa e con un’impaginazione che utilizza un’interlinea molto più spaziata. L'analisi della terza quartina ha denotano una lingua tarda e scarsamente compatibile con una composizione della prima età imperiale romana. Va osservato infine che il contenuto dell’ultima quartina non è omogeneo tematicamente con le prime due, tanto da far nascere il dubbio che il riferimento finale a Omero si sia aggiunto posteriormente, in 8 occasione di un abbinamento cronologicamente più tardo delle due erme . Il testo dell’erma acefala di Menandros è stato oggetto ininterrotto di attenzioni a partire dalla sua segnalazione ad opera degli umanisti cinquecenteschi, in primo luogo Ligorio e Orsini. Ma il suo testo rimase celato 8 Anche Kaibel ad IG XIV 1183, 312 segnalò la possibilità che i versi 10-13 potessero essere di altra mano. Per un commento aggiornato delle vicende testuali e collezionistiche dell’erma vd. Culasso Gastaldi 2014, 165-195, con postilla di Maltese 2014, 196-198. 410 www.historika.unito.it L'edizione dell'erma di Menandro all’autopsia, in modo grave e continuato, tanto che l’interesse per il manufatto crebbe esponenzialmente, nel corso dei secoli, in proporzione però inversa al numero di revisioni condotte direttamente sulla sua superficie scrittoria. Se le credibili autopsie condotte da Ligorio e Orsini offrirono una conoscenza solamente mediata agli altri studiosi cinquecenteschi, nel XVIII secolo unicamente gli antiquari che soggiornarono in area subalpina per lavoro o per residenza poterono accedere a una visione diretta. Così fu per Maffei, certamente, e per Rivautella e Ricolvi, che già vedevano l’erma mutila sulla parte sinistra della superficie scrittoria; ma non altrettanto accadde a Muratori, che lavorò a distanza e utilizzò allo scopo illustri (e inaffidabili) mediatori (p. 656: )9. Rivautella e Ricolvi, inoltre, operano una resa filologicamente audace: non solo riprodussero un’erma completa del capo, restituendo nella sua integrità un manufatto già fratturato e fornendogli una testa ‘menandrea’ che essi trovavano nei disegni di Orsini10. Restituirono anche un testo integro, il cui apografo resta fedele alla trascrizione di Ligorio e di Orsini; esso, tuttavia, è segnato vistosamente da una linea di frattura che corre esattamente là dove ora si frappone la lacuna testuale. La fedeltà della riproduzione denota l’autopsia, anche se i numerosi travisamenti del testo, di cui non si dà qui conto per scarsa rilevanza dell’argomento, tradiscono la modesta familiarità con le lettere greche. A partire dal XIX secolo le cose non vanno meglio né con Franz (1853) né con Kaibel (1878, 1890): quest’ultimo solamente nell’edizione del 1890 ( XIV) afferma di essersi servito di un calco cartaceo dove però le linee 10-13 non compaiono chiaramente, secondo la sua personale ammissione. Di lui tuttavia dobbiamo ricordare, con totale adesione, la stringata ed efficace definizione dell’ultima quartina come composta da , su cui ci siamo già soffermati nel precedente contributo11. Tra le edizioni novecentesche va senz’altro ricordato l’intervento di Hülsen e di Moretti: mentre il primo ricorda il suo approccio al testo nella forma di un calco fornitogli da Studniczka, il secondo sembra aver utilizzato una riproduzione fotografica. In qualche modo l’ispezione diretta del testo o, al contrario, la sua mancata autopsia ha pesato, com’è ovvio, sulla corretta esegesi dell’erma menandrea. Se la primigenia trascrizione di Ligorio e di Orsini non fu esente da oscillazioni nella resa linguistica (vd. ), sarà solo dopo la sopravvenuta frattura del misit Excellentissimus Comes Ludovicus Caissottus, Praeses Senatus Taurinensis IG versus miserrimi app. cr. 9 Sul dovere dell’autopsia e sui rischi connessi a un lavoro a tavolino già Maffei Museum Veronense Aegre qui lapides non vidit, de proba eorum lectione iudicium reddet. 84, part. 170 tav. 169; cfr. Orsini 1570, 33. supra scriveva alcune acide osservazioni in 10 11 , XXXVIII: Rivautella e Ricolvi 1743, 169-1 Vd. n. 8. Historika VII - ISSN 2240-774X e -ISSN 2039-4985 411 Enrica Culasso Gastaldi lato sinistro dell’erma che la comprensione peggiorò in modo drastico. Per prudenza richiamo qui le conclusioni cui sono pervenuta nel mio precedente studio: la trascrizione di Ligorio e di Orsini riproduce il testo così come appariva a loro leggibile nella veste editoriale e scrittoria cinquecentesca, completa di manomissioni e di aggiunte (di mano anonima) che sono da riconoscere perlomeno nell’ultima quartina, i già etichettati da Kaibel. La responsabilità di un peggioramento nella comprensione del testo va in gran parte addossata a Maffei, che ebbe la possibilità di consultare il manufatto durante il suo lavoro di riordino delle collezioni epigrafiche nel cortile dell’antico Palazzo dell’Università: in tale occasione egli pronunciò un pesante giudizio nei confronti della lettura di Orsini, sospettandolo di aver tramandato come esistente un testo che anch’egli più non vedeva e di avere di conseguenza integrato di sua iniziativa l’inizio dei versi ( )12. Se Franz non si discosta dal testo tradito da Orsini, Kaibel invece dette sostanza e forma ai sospetti di Maffei. Nel 1878 non alterò il testo orsiniano e versus miserrimi ipsum nequaquam vidisse opinor, sed ingeniose supplevisse ne dette una riproduzione fedele; nel 1890, invece, quando ebbe occasione di ectypum esaminare, come già anticipato, un cartaceo, intervenne sul testo con integrazioni sue proprie e di altri commentatori, di cui dà conto nel suo commento: . Le ragioni che lo portarono a tale risoluzione riguardano la scarsa qualità delle integrazioni orsiniane, come egli ritiene che esse siano, e l’inadeguatezza delle medesime allo spazio a disposizione13. Va detto che il tentativo di correzione approdò apparentemente a esiti ben poco felici, ma fece tuttavia presa su Moretti che, di fronte al quesito se le quartine ut Maffeio credam priora versuum verba ipsum Ursinum nequaquam vidisse sed ingeniose supplevisse 12 Maffei 1749, CCXXX muoveva a questo sospetto per una sua presunta e migliore conoscenza della lingua greca rispetto all’umanista napoletano; egli riteneva infatti che alla linea 3 si dovesse notare graficamente lo inoltre che l’espressione σὺν ζῶν iota ascritto nel pronome relativo iniziale e fosse incomprensibile e da intendere piuttosto come συζῶν, cioè un participio presente del verbo συζάω. Cfr. inoltre CCXXIX: Initia supplentur, con riferimento ai versi e alle integrazioni iniziali. Sulla cultura epigrafica di Maffei, con riferimento in particolare alle iscrizioni greche, vd. Calabi Limentani 1998, 637-658, che non manca di segnalare la spiccata predilezione dello studioso per i testi epigrafici greci, più rari e sfuggenti alla sua passione collezionistica. Un accurato e recente punto di sintesi bibliografica è reperibile inoltre in Buonopane 2015, 15-18. Sulle iscrizioni greche presenti nel Museo Maffeiano vd. infine Ritti 1981. 13 Kaibel ricorda, tra quanti già prima di lui avanzarono proposte di integrazioni, ad loc.). Kaibel mantenne il testo Ludolphus Stephani, Augusto Nauck e U. Wilamowitz ( di Orsini solo alle linee 4, 6 e 13. 412 www.historika.unito.it L'edizione dell'erma di Menandro fossero integre al tempo di Orsini oppure no, come aveva sospettato Maffei, conclude sinteticamente: ipse Kaibelianum textum accipiendum crediderim. L’autorevole edizione morettiana sembrava aver apposto una parola definitiva e un giudizio inappellabile alla comprensione testuale della sfortunata erma. La risoluzione era tuttavia a portata di mano: bastava leggere ancora qualche lettera, sui bordi dell’attuale lacuna, che potesse essere attribuita al testo di Ligorio-Orsini oppure, per opposizione, di Kaibel, per poter risolvere il dilemma che durava dal 1749. La linea 5 ha restituito infatti la risposta a noi e insieme l’onore alla coppia Ligorio-Orsini: un phi chiaramente leggibile alla linea 5 costringe senza incertezze a restituire la lettura [σὴν μορ]φὴν κατιδὼν [εἰκόνα σ]ήν, che fu (fig. 2), escludendo contemporaneamente l’integrazione accreditata invece da Kaibel e da Moretti come obbligatoria correzione di un 14 testo che nasceva – a loro parere – solo dalle ingegnose integrazioni di Orsini . L’osservazione è probante, come ritengo, tanto da accreditare come testo originario l’elaborato consegnatoci dalla coppia di antiquari cinquecenteschi. La definizione “testo originario” riguarda, come già precisato, la veste editoriale e scrittoria che l’erma presentava nella seconda metà del Cinquecento, senza considerare la possibilità di interventi apocrifi rispetto al contesto d’età romana. Spiace tuttavia osservare che la questione era già stata risolta molto tempo fa, senza che forse nessuno ne avesse preso adeguata conoscenza. Già Hülsen infatti, servendosi di un semplice calco, osservava nel 1901 che, all’inizio della linea 5, ΦΗΝ in ectypo satis clare apparet e ne deduceva che il lato sinistro del manufatto si fosse spezzato quando era stato trasportato a Torino (o quando, possiamo ipotizzare in aggiunta, la Grande Galleria di Carlo Emanuele I andò combusta). Egli pertanto utilizzava il semplice metodo dell’autopsia, nel suo caso esercitata su calco, per azzerare con una sola osservazione tutti gli sforzi filologici di illustri studiosi ed epigrafisti ottocenteschi e per accreditare invece l’attendibilità delle testimonianze umanistiche. A distanza pertanto di più di un secolo torniamo ad affermare l’urgenza del medesimo ragionamento induttivo: il ΦΗΝ chiaramente leggibile all’autopsia all’inizio della linea 5 impone che anche nelle altre integrazioni vada ripristinata la lettura consegnataci da Ligorio e da Orsini. enrica.culasso@unito.it 14 Se ci fosse ancora bisogno di una prova supplementare, alla linea 2 la prima lettera fuori di lacuna presenta un apice superiore e uno inferiore, che non sono assimilabili al tracciato di un eta, quanto piuttosto di un epsilon: anche per questa via la lettura di Ligorio- Orsini ne uscirebbe confermata. Historika VII - ISSN 2240-774X e-ISSN 2039-4985 413 Enrica Culasso Gastaldi Bibliografia Angelucci 1878: A. Angelucci, Arte e artisti in Piemonte. Documenti inediti con note, Atti della Società di Archeologia e Belle Arti per la Provincia di Torino II, 3183. Bava 1995: A.M. Bava, Antichi e moderni: la collezione di sculture, in Le collezioni di Carlo Emanuele I di Savoia, a c. di G. Romano, Torino, 135-176. Bava - Pagella 2016: A.M. Bava, E. Pagella (a cura di), Le meraviglie del mondo. Le collezioni di Carlo Emanuele I di Savoia, con la collaborazione di G. Pantò, G. Saccani, Genova. Buonopane 2015: A. Buonopane, “Molte sono le discipline per le quali il tavolino non basta”. Scipione Maffei e il Gran Tour epigrafico in Europa, in Carlo Promis e Theodor Mommsen: cacciatori di pietre fra Torino e Berlino, a. c. di S. Giorcelli, Torino, 15-18. Caciotti 2014: B. Caciotti, Casale Valerano. Villa di Claudio Valerio Eliano, in Pirro Ligorio. Erme del Lazio e della Campania, a c. di B. Palma Venetucci, Roma, 69-77. Calabi Limentani 1998: I. Calabi Limentani, Scipione Maffei e l’epigrafia greca. Un primo orientamento, in Scipione Maffei nell’Europa del Settecento, a c. di G.P. Romagnani, Verona, 637-658. Cellini 2004: G.A. Cellini, Il contributo di Fulvio Orsini alla ricerca antiquaria, Roma. Culasso Gastaldi 2014: E. Culasso Gastaldi, Epigrafi, falsi e falsari tra antichità e rinascimento. Riflessioni intorno all’erma di Menandro, «Historiká» 4, 165-195. Franz 1853: J. Franz (ed.), Corpus Inscriptionum Graecarum, III, Berolini. Gal 2016: S. Gal, Carlo Emanuele I: le arti e le armi al servizio dell’ambizione reale dei Savoia, in Le meraviglie del mondo. Le collezioni di Carlo Emanuele I di Savoia, a c. di A.M. Bava - E. Pagella, con la collaborazione di G. Pantò, G. Saccani, Genova 2016, 13-17. Hülsen 1901: C. Hülsen, Die Hermeninschriften berühmter Griechen und die ikonographischen Sammlungen des XVI Jahrhunderts, «RM» 16, 1901, 123208. Kaibel 1878: G. Kaibel, Epigrammata Graeca ex lapidibus conlecta, Berolini. Kaibel 1890: G. Kaibel (ed.), Inscriptiones Graecae. XIV. Inscriptiones Graecae Siciliae et Italiae, additis Graecis Galliae, Hispaniae, Britanniae, Germaniae inscriptionibus, Berolini. Lipsius 1588: G. Lipsius, in Martinus Smetius, Inscriptionum antiquarum quae passim per Europam liber. Accessit Auctarium a Iusto Lipsio, Lugduni Batavorum. Lombroso 1874: G. Lombroso, Saggio d’inventario delle iscrizioni greche di Torino, «RFIC» 2, 201-26. Maffei 1749: S. Maffei, Museum Veronense hoc est Antiquarum inscriptionum atque anaglyphorum collectio cui Taurinensis adiungitur et Vindobonensis. Accedunt 414 www.historika.unito.it L'edizione dell'erma di Menandro monumenta id genus plurima nondum vulgata, et ubicumque collecta, Veronae. Maltese 2014: E. Maltese, Postilla, «Historiká» 4, 196-198. Millin 1816: A.-L. Millin, Voyage en Savoye, en Piémont, à Nice et à Gênes, I vol., Paris. Muratori 1740: L.A. Muratori, Novus Thesaurus Veterum Inscriptionum in praecipuis earumdem collectionibus hactenus praetermissarum, II, Mediolani. de Nohlac 1884: M.P. de Nohlac, Les collections d’antiquités de Fulvio Orsini, «Mélanges d’archéologie et d’histoire» 4, 139-231. Orsini 1570: F. Orsini, Imagines et elogia virorum illustrium et eruditorum ex antiquis lapidibus et nomismatibus expressa cum annotationibus ex bibliotheca Fulvi Ursini, Romae. Palma Venetucci 2005: B. Palma Venetucci (a cura di), Pirro Ligorio. Libro degli antichi eroi e uomini illustri. Volume 23. Codice Ja.II.10. Libri XLIV-XLVI, Roma 2005. Riccomini 1995: A.M. Riccomini, A Garden of Statues and Marbles. The Soderini Collection in the Mausoleum of Augustus, «Journal of Warburg and Courtauld Institutes» 58, 265-284. Riccomini 1996: A.M. Riccomini, La ruina di sì bela cosa. Vicende e trasformazioni del Mausoleo di Augusto, Milano. Riccomini 2011: A.M. Riccomini, Marmi antichi da Roma a Torino: sul collezionismo di Carlo Emanuele I di Savoia, «Quaderni della Soprintendenza Archeologica del Piemonte» 26, 131-145. Riccomini 2016: A.M. Riccomini, Le “Meraviglie della Antichità” alla corte di Carlo Emanuele I, in Le meraviglie del mondo. Le collezioni di Carlo Emanuele I di Savoia, a c. di A.M. Bava - E. Pagella, con la collaborazione di G. Pantò, G. Saccani, Genova, 175-183. Ritti 1981: T. Ritti, Iscrizioni e rilievi greci nel museo Maffeiano di Verona, Roma. Rivautella - Ricolvi 1743: A. Rivautella - G.P. Ricolvi, Marmora Taurinensia, I, Torino. Romano 1995: G. Romano (a cura di), Le collezioni di Carlo Emanuele I di Savoia, Torino. Stazio 1569: A. Stazio, Illustrium viror(um) ut extant in Urbe expressi vultus, Romae. Tosini 2016: P. Tosini, La Grande Galleria di Federico Zuccari a Torino: il capolavoro mancato, in Le meraviglie del mondo. Le collezioni di Carlo Emanuele I di Savoia, a cura di A.M. Bava - E. Pagella, con la collaborazione di G. Pantò, G. Saccani, Genova, 65-73. Varallo 2016: F. Varallo, Il luogo del sapere: la Grande Galleria di Carlo Emanuele I, in Le meraviglie del mondo. Le collezioni di Carlo Emanuele I di Savoia, a cura di A.M. Bava - E. Pagella, con la collaborazione di G. Pantò, G. Saccani, Genova, 117-127. Visconti 2016: M.C. Visconti, La Grande Galleria di Carlo Emanuele I: l’architettura attraverso le immagini dei secoli XVI e XVII, in Le meraviglie del mondo. Le collezioni di Carlo Emanuele I di Savoia, a cura di A.M. Bava - E. Pagella, con la collaborazione di G. Pantò, G. Saccani, Genova, 53-63. Historika VII - ISSN 2240-774X e-ISSN 2039-4985 415 Enrica Culasso Gastaldi Abstract Tra le epigrafi greche conservate in Piemonte un documento, in particolare, si segnala per la sua lunga storia di mobilità e di collezionismo che risale già al XVI secolo. Di provenienza romana e databile all’età imperiale, un’erma di Menandro giunse infatti a far parte delle collezioni di Carlo Emanuele I di Savoia: essa presenta un lungo testo epigrafico di cui l’autore fornisce qui l’edizione critica e il commento testuale. Il lavoro presenta l’obiettivo dichiarato di sottolineare l’urgenza dell’autopsia al fine di stabilire un’attendibile comprensione testuale e al fine di evitare inutili esercizi filologici. Il contributo costituisce inoltre il completamento di un precedente lavoro, già dedicato dall’autore all’esegesi storica del manufatto. Among the Greek inscriptions of the Piedmont area, a document, in particular, is outstanding for its long history of mobility that dates back to the sixteenth century. Originally found in Rome and datable to the imperial age, a Menander herm came to be part of the collections of Carlo Emanuele 1st of Savoy: it presents a long epigraphic text of which the author provides here the critical edition and the textual commentary. The work presents the declared goal of underlining the urgency of the autopsy in order to establish a reliable textual comprehension and to avoid unnecessary philological exercises. This paper also aims to complete a previous work, that the author already dedicated to the historical exegesis of the inscription. 416 www.historika.unito.it L'edizione dell'erma di Menandro Fig. 1: Erma di Menandros. Museo di Antichità di Torino (Inv. 86436). Foto P. Giagheddu. Historika VII - ISSN 2240-774X e -ISSN 2039-4985 417 Enrica Culasso Gastaldi Fig. 2: Erma di Menandros, particolare. Museo di Antichità di Torino (Inv. 86436). Foto dell’autore. 418 www.historika.unito.it